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Fnsi 10 Set 2005

Gaza, liberato l'inviato del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi. La soddisfazione della Fnsi, Serventi Longhi: "La causa palestinese ha bisogno di giornalisti come lui". Cremonesi: "Voglio andare in Iraq"

L'inviato del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi e' stato rapito sabato a Gaza per alcune ore da armati palestinesi delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa di Al Fatah.

L'inviato del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi e' stato rapito sabato a Gaza per alcune ore da armati palestinesi delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa di Al Fatah.

L'inviato del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi e' stato rapito sabato a Gaza per alcune ore da armati palestinesi delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa di Al Fatah. Il sequestro di Cremonesi e' solo l'ultimo di una serie che ha avuto per vittime dallo scorso agosto personale straniero al servizio di organizzazioni internazionali e di media occidentali e che conferma lo stato di anarchia nel territorio palestinese. Tutti si sono conclusi con la liberazione dei rapiti. Cremonesi era arrivato nella stessa giornata di sabato a Gaza per una serie di servizi, dopo aver coperto il recente sgombero degli insediamenti ebraici nella striscia di Gaza e per seguire il totale ritiro delle truppe israeliane da questa regione che si concludera' forse gia' entro lunedi' prossimo. Secondo quanto ha riferito il traduttore palestinese che lo assisteva, Ayman Najam, il giornalista aveva lasciato Gaza City nel primo pomeriggio per andare a Dir El Balah dove doveva intervistare uno dei capi delle Brigate Al Aqsa, noto col nome di battaglia di Abu Jihad. A intervista conclusa, Cremonesi e Najam erano ripartiti in automobile per tornare a Gaza City quando, ha detto il traduttore, ''e' improvvisamente sbucata una Mercedes di colore giallo dalla quale sono usciti cinque palestinesi, in tuta nera e col volto coperto, che armi alla mano hanno imposto alla vettura di arrestarsi''. ''Essi hanno spalancato la portiera e hanno poi intimato a Cremonesi di entrare nella Mercedes e a noi di allontanarci, prima di ripartire a gran velocita'''. ''Non ho avuto paura - ha ricordato Cremonesi a Sky TG24 dopo la liberazione - perche' a Gaza non hanno mai ucciso nessuno (ostaggio straniero, ndr); non e' l'Iraq''. A Najam non restava altro da fare che raggiungere la piu' vicina stazione di polizia palestinese per denunciare il rapimento. La notizia del sequestro si diffondeva fulmineamente mentre le autorita' diplomatiche italiane entravano in azione per ottenere la rapida liberazione del giornalista. Intorno alle 18 italiane Cremonesi, col permesso dei rapitori, riusciva a telefonare al Corriere per confermare di essere prigioniero di armati delle Brigate Al Aqsa. Il sequestro, ha detto al direttore Paolo Mieli, ha inteso essere un'azione dimostrativa per creare interesse da parte dei media internazionali sulla lotta delle Brigate contro esponenti dell' Autorita' nazionale palestinese (Anp) accusati di corruzione. Un nome che e' stato poi ipotizzato e' quello del ministro dell' interno Nasser Yusef. Alcune ore prima del sequestro sconosciuti avevano sparato raffiche intimidatorie in direzione dell' ufficio del portavoce del ministro Tawfik Abu Hussa. Inoltre circa duecento membri delle Brigate avevano occupato a Gaza City due stabili di uffici dell'Anp rivendicando posti di lavoro. Alle 18.45 la Farnesina riferiva di aver ricevuto un messaggio del presidente dell' Anp Abu Mazen (Mahmud Abbas) rivolto al vice premier e ministro degli esteri Gianfranco Fini con l' assicurazione del suo diretto interessamento al caso e la promessa che la liberazione di Cremonesi sarebbe avvenuta ''nel giro di un'ora al massimo''. Poco tempo dopo Cremonesi, che a Sky TG24 ha detto ''di non sapere chi sia intervenuto per il mio rilascio'', riotteneva la liberta' e veniva portato a Gaza City per essere ricevuto poi dallo stesso Abu Mazen. Il rapimento del giornalista appare un'iniziativa autonoma presa al livello locale piu' che frutto di una decisione politica ad alto livello. Questo, del resto, e' stato il caso anche nel rapimento il 14 agosto scorso del tecnico del suono francese di origine algerina Mohammed Ouathi, della rete televisiva France 3, liberato dopo una settimana. E questo e' stato apparentemente il caso nel rapimento lo scorso otto agosto di due dipendenti stranieri dell' Onu, lo svizzero Steven Karl e la britannica Christine Blunt. Liberati poco tempo dopo in un raid della polizia palestinese. L'ultima piu' clamorosa conferma che a fare il bello e il cattivo tempo a Gaza sono bande armate che sfuggono a ogni autorita' e' giunta mercoledi' scorso con l'uccisione di Mussa Arafat, cugino di Yasser Arafat e consigliere di Abu Mazen per la sicurezza, per mano di armati dei Comitati di resistenza popolare. Arafat, ex-capo del servizio di intelligence militare palestinese, era reputato persona corrotta e aveva moltissimi nemici. (ANSA) La Fnsi commenta con grande soddisfazione il rilascio del giornalista del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi, «avvenuto dopo poche ore di angoscia». «Mi sembra importante - dice il segretario generale Paolo Serventi Longhi - che chi ha commesso il grave errore di sequestrare uno dei migliori inviati italiani, profondo conoscitore della realtà del Medio Oriente, abbia compreso l’errore». La causa palestinese, dice Serventi, «ha bisogno di giornalisti come lui, che raccontino in piena autonomia i fatti. Il processo di pace non può essere interrotto da simili atti incomprensibili». Subito dopo la notizia del rapimento, la Federazione nazionale della Stampa si era messa in contatto con il comitato di redazione del Corriere della Sera per seguire la vicenda. E Serventi Longhi aveva avviato un contatto con il Presidente del Sindacato dei giornalisti palestinesi, al quale aveva chiesto un intervento presso l’Autorità palestinese per favorire l’immediata liberazione dell’inviato del Corriere della Sera. (ANSA) Raffaele Fiengo, storico componente del Cdr del Corriere della Sera, ha riferito ai giornalisti presenti che Lorenzo Cremonesi ha chiamato il quotidiano dicendo di essere libero e di stare bene. «Tutti gli indicatori - ha spiegato Fiengo - erano positivi, ma abbiamo preferito usare una cautela che poteva sembrare eccessiva fino a quando non siamo riusciti a parlare con lui». «Voglio andare in Iraq», ha detto il giornalista, come riferito da Fiengo, una volta liberato. Raffaele Fiengo ha aggiunto che questa vicenda «dimostra il ruolo fondamentale del giornalismo». «Serve sicuramente sicurezza - ha commentato - ma non si può rinunciare a fare i giornalisti». (ANSA)

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