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Associazioni 04 Nov 2015

Diritto di cronaca e lotta alle mafie, Stampa Romana: “Il Lazio è la regione con più giornalisti minacciati”

Si è svolto questa mattina il dibattito “Diritto di cronaca e lotta alle mafie”, organizzato da Stampa Romana e Osservatorio per la legalità della Regione Lazio. Il quadro emerso non è confortante per la regione che detiene il triste primato di giornalisti minacciati. “Dobbiamo creare laboratori in cui associare il rispetto della legge, l'educazione per il bene comune alla consapevolezza del lavoro giornalistico”, ha commentato il segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo.

Si è svolto questa mattina il dibattito “Diritto di cronaca e lotta alle mafie”, organizzato da Stampa Romana e Osservatorio per la legalità della Regione Lazio. Il quadro emerso non è confortante per la regione che detiene il triste primato di giornalisti minacciati. “Dobbiamo creare laboratori in cui associare il rispetto della legge, l'educazione per il bene comune alla consapevolezza del lavoro giornalistico”, ha commentato il segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo.

Il Lazio è la regione d’Italia con il più alto numero di minacce subite dai giornalisti. Lo ha reso noto l’Associazione stampa romana nel corso del dibattito “Diritto di cronaca e lotta alle mafie” che si è svolto oggi nella sede della Regione Lazio.
“È un dato che va interpretato. Roma – scrive il segretario dell’Assostampa, Lazzaro Pappagallo – non solo è la capitale d'Italia, è anche la zona in cui si produce buona parte dell'informazione del nostro Paese. Pensiamo alla Rai, ai grandi network privati, ai grandi quotidiani nazionali. La concentrazione di giornalisti non deve però ridimensionare un altro fenomeno. La nostra regione fino a qualche anno fa non era collegata strettamente a fenomeni mafiosi. O meglio la mafia era allontanata con qualche fastidio da ogni riferimento politico, amministrativo, criminale. Era affare di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Non apparteneva alla ‘vocazione’ del nostro territorio”.
“L'inchiesta ‘mondo di mezzo’, le inchieste e i sequestri – prosegue la nota dell’Asr – ai danni delle mafie tradizionali così come le sentenze di Ostia, hanno  invece evidenziato a Roma e nel Lazio una persistenza, un’infiltrazione, una stabilità, una profondità degna di ben altri contesti geografici”.
A finire nel mirino della malavita “sono a volte giornalisti strutturati, che lavorano in testate prestigiose, che possono farsi carico delle minacce subite dai singoli colleghi. A volte invece – spiega Pappagallo – appartengono al sottobosco del freelance, del precariato più duro. Giornalisti senza troppe tutele contrattuali ed economiche che non rinunciano a esercitare l'articolo 21 in un contesto difficile, nell'isolamento e nella solitudine. Sia nei confronti della comunità professionale di appartenenza sia nei confronti della comunità più larga, quella composta dalle istituzioni. Stampa Romana crede che si debba fare chiarezza”.
“Dobbiamo creare laboratori in cui associare il rispetto della legge, l'educazione per il bene comune alla consapevolezza del lavoro giornalistico. È una prospettiva - dice il segretario Stampa Romana - che può vedere un'azione forte del sindacato dei giornalisti e degli enti locali. Si può educare alla legalità e a un giornalismo libero, lavorando sulle scuole, sui ragazzi, semplicemente raccontando storie di ordinario e legittimo lavoro. L'impegno di Stampa Romana, nello specifico, è creare condizioni contrattuali, a partire dal prossimo rinnovo, in cui precari, autonomi e freelance possano scrivere notizie e raccontare fatti con più garanzie e più tutele legali”.
“Per le mafie controllare i propri territori, costruire consenso e legittimità sociale vuol dire cercare di sottomettere la libera informazione, pretendere rispetto, costringerla al silenzio – ha afferma Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, nel corso del dibattito -. Chi minaccia un giornalista lede profondamente il diritto dei cittadini ad essere informati. Parliamo allora di una grande questione democratica che non ci può lasciare indifferenti”.

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