Si è svolto questa mattina il dibattito “Diritto di cronaca e lotta alle mafie”, organizzato da Stampa Romana e Osservatorio per la legalità della Regione Lazio. Il quadro emerso non è confortante per la regione che detiene il triste primato di giornalisti minacciati. “Dobbiamo creare laboratori in cui associare il rispetto della legge, l'educazione per il bene comune alla consapevolezza del lavoro giornalistico”, ha commentato il segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo.
Il Lazio è la regione d’Italia con il più alto numero di
minacce subite dai giornalisti. Lo ha reso noto l’Associazione stampa romana
nel corso del dibattito “Diritto
di cronaca e lotta alle mafie” che si è svolto oggi nella sede della
Regione Lazio.
“È un dato che va interpretato. Roma – scrive il segretario dell’Assostampa,
Lazzaro Pappagallo – non solo è la capitale d'Italia, è anche la zona in cui si
produce buona parte dell'informazione del nostro Paese. Pensiamo alla Rai, ai
grandi network privati, ai grandi quotidiani nazionali. La concentrazione di
giornalisti non deve però ridimensionare un altro fenomeno. La nostra regione
fino a qualche anno fa non era collegata strettamente a fenomeni mafiosi. O
meglio la mafia era allontanata con qualche fastidio da ogni riferimento
politico, amministrativo, criminale. Era affare di Campania, Calabria, Puglia e
Sicilia. Non apparteneva alla ‘vocazione’ del nostro territorio”.
“L'inchiesta ‘mondo di mezzo’, le inchieste e i sequestri – prosegue la nota
dell’Asr – ai danni delle mafie tradizionali così come le sentenze di Ostia,
hanno invece evidenziato a Roma e nel
Lazio una persistenza, un’infiltrazione, una stabilità, una profondità degna di
ben altri contesti geografici”.
A finire nel mirino della malavita “sono a volte giornalisti strutturati, che
lavorano in testate prestigiose, che possono farsi carico delle minacce subite
dai singoli colleghi. A volte invece – spiega Pappagallo – appartengono al
sottobosco del freelance, del precariato più duro. Giornalisti senza troppe
tutele contrattuali ed economiche che non rinunciano a esercitare l'articolo 21
in un contesto difficile, nell'isolamento e nella solitudine. Sia nei confronti
della comunità professionale di appartenenza sia nei confronti della comunità
più larga, quella composta dalle istituzioni. Stampa Romana crede che si debba
fare chiarezza”.
“Dobbiamo creare laboratori in cui associare il rispetto della legge,
l'educazione per il bene comune alla consapevolezza del lavoro giornalistico. È
una prospettiva - dice il segretario Stampa Romana - che può vedere un'azione
forte del sindacato dei giornalisti e degli enti locali. Si può educare alla
legalità e a un giornalismo libero, lavorando sulle scuole, sui ragazzi,
semplicemente raccontando storie di ordinario e legittimo lavoro. L'impegno di
Stampa Romana, nello specifico, è creare condizioni contrattuali, a partire dal
prossimo rinnovo, in cui precari, autonomi e freelance possano scrivere notizie
e raccontare fatti con più garanzie e più tutele legali”.
“Per le mafie controllare i propri territori, costruire consenso e legittimità
sociale vuol dire cercare di sottomettere la libera informazione, pretendere
rispetto, costringerla al silenzio – ha afferma Gianpiero Cioffredi, Presidente
dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, nel corso
del dibattito -. Chi minaccia un giornalista lede profondamente il diritto dei
cittadini ad essere informati. Parliamo allora di una grande questione
democratica che non ci può lasciare indifferenti”.