Lirio Abbate e L'Espresso non diffamarono Massimo Carminati. Lo ha stabilito il giudice del tribunale civile di Roma che ha respinto la denuncia per diffamazione, con relativa richiesta di danni, avanzata da Carminati nei confronti di Bruno Manfellotto, già direttore de L'Espresso, e del giornalista Lirio Abbate, uno dei cronisti costretti a vivere sotto scorta per le sue inchieste contro mafie e corruzione. Il giudice ha anche condannato Carminati al pagamento delle spese di giudizio.
«Si tratta - commentano il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti - di una sentenza importante, in special modo per la novità contenuta nelle motivazioni, laddove si definiscono e si precisano le funzioni e le modalità di esercizio del diritto di cronaca e si ribadisce la necessità di tutelare chi si propone di informare e di contrastare "fenomeni aventi un intrinseco disvalore morale o sociale"».
Secondo il giudice, infatti, "fine del giornalismo di inchiesta non è contrastare o perseguire specifici comportamenti, ma promuovere una presa di coscienza nell'opinione pubblica di questo o quel particolare fenomeno avente un intrinseco disvalore morale o sociale. In altre parole il giornalismo di inchiesta individua temi di interesse pubblico, li analizza anche criticamente e li sottopone all'opinione pubblica".
Dunque una buona notizia, questa volta, per i due colleghi dell'Espresso e per tutti i giornalisti italiani. «Tuttavia - rilevano Lorusso e Giulietti - non possiamo e non dobbiamo dimenticare che esistono sentenze di altro segno e, soprattutto, che si è persa ogni traccia della nuova legge sulla diffamazione, nascosta da mesi e mesi in un cassetto del Senato. Ancora oggi i cronisti italiani, unici in Europa, rischiano il carcere per la diffamazione, mentre i "querelanti temerari" rischiano di essere condannati al pagamento di qualche migliaio di euro per le spese processuali e nulla più. Per questo la Giunta esecutiva della Fnsi promuoverà una giornata nazionale di iniziative per sollecitare l'approvazione dei provvedimenti su diffamazione e "querele temerarie"».