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Giudiziaria 16 Mag 2014

Delitto Rostagno: ergastolo per il capomafia Virga e il killerVentisei anni per una sentenza tra depistaggi e omissioni

La Corte d'Assise di Trapani ha condannato all'ergastolo il capomafia trapanese Vincenzo Virga e il sicario della famiglia mafiosa Vito Mazzara, accusati di essere rispettivamente il mandante e l'esecutore dell'omicidio di Mauro Rostagno, il sociologo e giornalista ucciso in contrada Lenzi, a Valderice (Trapani) il 26 settembre 1988. Inflitta anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La Corte d'Assise di Trapani ha condannato all'ergastolo il capomafia trapanese Vincenzo Virga e il sicario della famiglia mafiosa Vito Mazzara, accusati di essere rispettivamente il mandante e l'esecutore dell'omicidio di Mauro Rostagno, il sociologo e giornalista ucciso in contrada Lenzi, a Valderice (Trapani) il 26 settembre 1988. Inflitta anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La Corte ha disposto anche la trasmissione di atti alla procura antimafia di Palermo relativi alle deposizioni di una serie di testi, tra cui il luogotenente dei carabinieri Beniamino Cannas, all'epoca del reparto operativo di Trapani, e dell'editrice dell'emittente Rtc Caterina Ingrasaciotta. (TRAPANI, 15 MAGGIO - AGI)

ROSTAGNO: 26 ANNI PER UNA SENTENZA TRA DEPISTAGGI E OMISSIONI

Sono stati necessari 26 anni, di cui gli ultimi 3 trascorsi in un'aula di tribunale, per arrivare a una prima verità processuale - l'ergastolo per il capomafia e il killer inflitto stasera - sull'assassinio del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, freddato a 46 anni, la sera del 26 settembre 1988 in contrada Lenzi a Valderice (Trapani) a pochi metri dalla comunità terapeutica "Saman" da lui costituita. Torinese d'origine ma "trapanese per scelta", il fondatore di Lotta Continua che negli anni '80 additava i boss dagli schermi della piccola emittente televisiva Rtc sarebbe stato ucciso dalla mafia, "infastidita" dalla sua attività giornalistica di denuncia. È questa la tesi sostenuta dall'accusa nel processo che si è aperto il 2 febbraio 2011 davanti alla Corte d'Assise di Trapani a carico del capomafia Vincenzo Virga e del sicario della famiglia mafiosa locale Vito Mazzara, ritenuti rispettivamente mandante ed esecutore dell'agguato.
Un dibattimento durato 3 anni e 3 mesi per un totale di 76 udienze celebrate, 144 testi ascoltati e 4 perizie eseguite. Il delitto, per i pm della Dda di Palermo Francesco del Bene e Gaetano Paci, fu eseguito secondo un "modus operandi tipicamente mafioso". Un commando di sicari - "tre uomini" secondo le sorelle Emilia e Silvana Fonte che li videro passare a bordo di una Fiat Uno - sorprese Rostagno al volante della sua Duna bianca in una strada stretta e buia. Furono sparate due sequenze di colpi, partite da un fucile calibro 12, che però s'inceppò, e da una calibro 38. Illesa Monica Serra, la venticinquenne ospite della Saman deceduta di recente, che era al lato passeggero: solo uno schizzo di sangue sulla sua giacca.
La scelta di lasciare viva la testimone, il tipo di armi usate, la sequenza e precisione dei colpi e l'utilizzo di un'auto rubata proverebbero, per la pubblica accusa, la presenza di Mazzara sulla scena del crimine. A carico del presunto killer peserebbe, per i magistrati, anche l'esito della super perizia genetica che ha riscontrato una "forte compatibilità" tra le tracce rinvenute nel sottocanna del fucile usato per l'agguato e il dna di Mazzara. "E se c'era Mazzara - è la conclusione della Dda - fu mandato dall'allora capomafia Virga perché sono queste le regole di Cosa nostra".
Ma al processo si arriva dopo anni di depistaggi e omissioni - oggetto di un'indagine parallela della Dda di Palermo - e di piste investigative imboccate ma poi archiviate, come quella "interna" alla Saman che nel '96 portò all'arresto di Serra e altri ospiti della comunità, nonché dell'ex compagna della vittima, Chicca Roveri. Il caso venne riaperto nel 2008 grazie a una perizia balistica dovuta all'intuizione del capo della mobile di Trapani Giuseppe Linares.
Il 17 novembre 2010 il gip di Palermo Ettorina Contino rinviò a giudizio i due imputati, già detenuti per altri omicidi. Sei mesi più tardi si aprì il processo. "Finalmente dopo 22 anni siamo in un'aula di giustizia" commentò, quel giorno, della figlia di Rostagno, Maddalena. Durante il processo hanno deposto diversi collaboratori di giustizia, tra cui Giovanni Brusca, Francesco Milazzo ad Angelo Siino, che hanno ricollegato l'assassinio a Cosa nostra. Mafia, ma non solo mafia. I pm nella loro requisitoria non hanno escluso il possibile coinvolgimento dalla loggia massonica coperta "Iside 2" a cui erano iscritti personaggi potenti del trapanese, boss e politici influenti. Un impianto accusatorio definito, tuttavia, "un teorema senza prove" dalle difese, rappresentate dagli avvocati Vito e Salvatore Galuffo (per Mazzara) e Giuseppe Ingrassia e Stefano Vezzadini (per Virga). Centrale, per i legali di Mazzara, il mancato riconoscimento del presunto killer da parte delle sorelle Fonte convocate in questura nel 2010 per una ricognizione fotografica di cui però non fu redatto alcun verbale.
Secondo le difese, è anche improbabile che Mazzara, campione di tiro a volo, abbia fatto esplodere un fucile. Contestate duramente anche le modalità e l'esito dell'esame peritale sul dna, messi in dubbio dal consulente di parte, l'ex generale del Ris Luciano Garofano. Nel corso del processo, entrambi gli imputati hanno professato la propria innocenza. Virga, rendendo dichiarazioni spontanee, ha attribuito il delitto a "un'armata Brancaleone". La difesa ha anche scandagliato piste "alternative" a quella mafiosa: dall'ipotesi dell'omicidio politico maturato in seno a Lotta Continua e legato all'assassinio del commissario Luigi Calabresi a un presunto regolamento interno alla Saman per la gestione di consistenti contributi pubblici in favore della struttura. Una filone che ruota attorno all'ex guru Francesco Cardella, in passato indagato per il delitto, ma poi prosciolto, condannato per truffa e deceduto due anni fa in Nicaragua.
"Sospettai che Cardella - ha detto Roveri in aula, risentita il 17 luglio scorso - sapesse dei particolari riguardanti l'omicidio di Mauro e che facesse parte del sodalizio mafia-circolo massonico Scontrino". Altra pista è quella di un presunto traffico internazionale di armi destinate alla Somalia che legherebbe la vicenda di Rostagno all'assassinio di Ilaria Alpi, la giornalista del Tg3 uccisa a Mogadiscio. Rostagno avrebbe filmato un trasbordo d'armi ma della vhs non ci sarebbe traccia. Il trasferimento sarebbe avvenuto nell'ex base militare di Kinisia che, secondo il teste Antonino Arconte, ex "gladiatore" sentito in aula il 10 aprile 2013, potrebbe coincidere con la stazione "Sk" della cellula paramilitare "Gladio". Da qui l'ipotesi di un "omicidio di Stato" con il presunto coinvolgimento dei servizi segreti deviati e l'esame, nel corso di un'udienza" top secret", di alcuni 007.
Di quanto scoperto nelle sue inchieste, Rostagno avrebbe parlato anche al giudice Giovanni Falcone, poco prima di morire. "Lo incontrò nell'estate dell'88" ha testimoniato in aula Barbara Sanzo, segretaria giudiziaria del magistrato assassinato dalla mafia nel '92. Nel corso del processo, che ha visto deporre anche personaggi noti come lo scrittore e conduttore Corrado Augias, l'ex brigatista Renato Curcio, il giornalista e deputato Claudio Fava, non sono mancati i "gialli". Hanno tenuto banco le misteriose sparizioni di reperti balistici, tra cui il proiettile estratto dalla tempia di Rostagno, e di videocassette, scomparse persino "dagli armadi della Distrettuale antimafia" come rimarcato dalla difesa. Tra i colpi di scena, anche la scoperta di un testimone: Antonio Scalabrino, mai sentito dagli inquirenti, chiamato a deporre, per la prima volta, nell'ambito del processo lo scorso 26 giugno. L'insegnante di Lenzi, udì gli spari vicino casa e avvertì i carabinieri. Qualche giorno dopo il delitto, due uomini in borghese si presentarono a casa sua qualificandosi come "appartenenti alle forze dell'ordine". Ma di questa visita non ci sarebbe alcuna traccia negli atti ufficiali. Ennesimo giallo di una vicenda caratterizzata da molte "sottovalutazioni investigative" come le hanno definite i pm facendo riferimento ad alcuni inquirenti dell'epoca. (Trapani, 15 maggio - AGI)

MAFIA: ROSTAGNO; CHICCA ROVERI, RICONOSCIUTO OPERATO MAURO
LA SORELLA, TEMPI LUNGHI MA ARRIVATI AD UN RISULTATO

"È per me una cosa importante che sia stato celebrato anche a distanza di molti anni un processo difficile. Ci sono stati molti depistaggi iniziali, omissioni e miopie, come sono state definite con bontà. È importante che in un'aula di giustizia italiana siano stati riconosciuti da molti testimoni l'operato di Mauro e la generosità e l'intelligenza che ha messo nel suo lavoro in una piccola televisione di Trapani dove faceva nomi e cognomi". Lo dice Chicca Roveri, compagna di Mauro Rostagno, commentando la sentenza della Corte di assise di Trapani che ha condannato all'ergastolo i mafiosi Vito Mazzara e Vincenzo Virga per l'omicidio del giornalista e sociologo assassinato a Valderice il 26 settembre 1988.
"Essendo una persona intelligente e coraggiosa - ha aggiunto - era vicino a capire molte cose che in realtà non si volevano capire perché Trapani era una città dove il sindaco diceva che la mafia non esiste e il procuratore di allora, Antonio Coci, sosteneva che la mafia non c'era tant'è che non c'erano processi mafiosi. Per forza, se a indagare erano i carabinieri che voi avete sentito deporre qua".
Visibilmente emozionata, la sorella della vittima, Carla Rostagno, che dice: "I tempi sono stati molto lunghi, ma siamo arrivati a un risultato".
"I familiari hanno aspettato 23 anni per l'inizio di questo processo. Il fatto stesso che lo Stato abbia deciso dopo tanto tempo di capire sul serio quello che è successo a Mauro Rostagno era già una vittoria e la sentenza ha confermato la bontà della tesi che noi abbiamo sostenuto nel processo", le fa eco l'avvocato di parte civile Fabio Lanfranca, che nel processo rappresentava anche la figlia di Mauro Rostagno, Monica e la prima moglie, Maria Conversano. "È stata importantissima l'attività istruttoria portata avanti dalla Corte d'Assise. In particolar modo la perizia sul dna di Mazzara. Siamo soddisfatti", ha concluso il legale.   (TRAPANI, 16 MAGGIO -  ANSA)

 

ROSTAGNO: CORTE, OLTRE 220.000 EURO RISARCIMENTI A PARTI CIVILI

La Corte d'Assise di Trapani, che ieri ha inflitto la pena dell'ergastolo al boss Vincenzo Virga
e al sicario Vito Mazzara per l'omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, ha anche condannato i due imputati al pagamento del risarcimenti dei danni in favore delle varie parti civili costituite nel processo. In particolare, Virga e Mazzara dovranno risarcire: 150 mila euro ciascuno alle figlie della vittima, Maddalena e Monica Rostagno, e alla sorella, Carla Rostagno; 50 mila euro ciascuno alla compagna di Rostagno, Elisabetta Roveri, e all'ex moglie, Maria Teresa Conversano; 20 mila euro ciascuno all'Ordine dei giornalisti di Sicilia, all'Associazione siciliana della stampa e all'associazione Saman. Gli imputati sono stati anche condannati al pagamento delle spese processuali sostenute dalle varie parti civili.
Nello specifico, la Corte ha disposto il pagamento di: 7.020 euro in favore del Comune di Erice, 9 mila euro ciascuno ai Comuni di Trapani e Valderice, del Libero Consorzio Comunale di Trapani e delle associazioni Libera, Antiracket e Antiusura di Trapani; 36.000 euro, oltre a 3.850 euro a titolo di indennità, a Maddalena Rostagno e Chicca Roveri; 40.800 euro, oltre 3.850 a titolo di indennità, a Carla e Monica Rostagno e di Maria Teresa Conversano; 30.454,75 euro in favore della comunità Saman; 30 mila euro, oltre a 1.925 a titolo d'indennità, per l'Assostampa siciliana; 30 mila euro, oltre 2.090 a titolo di indennità, per la parte civile dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia. Virga è stato condannato, altresì, al pagamento delle spese di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare. La Corte avrà 90 giorni di tempo per depositare le motivazioni della sentenza.  (TRAPANI, 16 MAGGIO - AGI)

 

MAFIA: ASSOSTAMPA E ODG SICILIA, RISTABILITÀ VERITÀ SU ROSTAGNO

L'Associazione siciliana della Stampa e l'Ordine dei giornalisti di Sicilia esprimono "il proprio sentito ringraziamento" nei confronti dei pm Gaetano Paci e Francesco Del Bene e degli avvocati di parte civile Francesco e Giuseppe Crescimanno e Francesco Greco, che li hanno rappresentati nel processo come parti civili, "per il contributo dato all'accertamento della verità sulla tragica fine, per mano mafiosa, di Mauro Rostagno".
 "Seppure a distanza di quasi 26 anni, la verità sulle cause e sulle responsabilità dell'omicidio del collega e sociologo, piemontese di origine, siciliano di adozione, è stata ristabilita, col riconoscimento che furono l'impegno giornalistico e il costante lavoro di denuncia di Mauro a provocarne la morte - dice -Rostagno rimane un esempio di dedizione e di impegno nel lavoro del cronista, seguito dai giornalisti siciliani e di tutta Italia. Anche a Mauro va, ancora una volta, il nostro saluto e il nostro grazie".  (PALERMO, 16 MAGGIO - ADNKRONOS)

 

MAFIA: UNCI, ROSTAGNO UCCISO PER IL SUO CORAGGIO
DOPO LA SENTENZA DI CONDANNA ALL'ERGASTOLO PER I DUE IMPUTATI

"Ci voluti 26 anni, ma finalmente i magistrati hanno formulato in primo grado una verità storica: Mauro Rostagno è stato ucciso da un mandante e da un esecutore mafiosi per il suo coraggio, la sua intelligenza e la sua straordinaria sensibilità nel denunciare l'intreccio politico mafioso nella provincia di Trapani. Sul suo assassinio, segnato da una serie impressionante di omissioni, non ricordo e depistaggi, continuano pero' a pesare ancora numerosi punti oscuri sui quali ci auguriamo che le motivazioni della sentenza possano fare piena luce". Lo hanno dichiarato il presidente dell'Unione cronisti, Guido Columba, ed il presidente dell'Unci Sicilia, Leone Zingales a poche ore dalla sentenza della Corte d'Assise di Trapani. Rostagno fu ucciso a fucilate il 26 settembre 1988 alle porte di Trapani dopo che aveva  lasciato la redazione dell'emittente televisiva nella quale lavorava.
Stava rientrando a casa ma i killer mafiosi lo hanno fermato con il piombo a pochi metri dalla sua famiglia.
Columba e Zingales esprimono "soddisfazione per il risultato raggiunto in sede giudiziaria, seppure con tanti anni di ritardo"."Ricordiamo - hanno proseguito - ogni anno Mauro Rostagno durante la Giornata della Memoria dedicata ai giornalisti uccisi da mafie e terrorismo organizzata dall'Unione cronisti. Il suo esempio cristallino di cronista sul campo, appassionato interprete della realtà sempre dalla parte dei piu' deboli, il suo patrimonio civile e professionale ne fanno un giornalista allo stesso tempo autentico e anomalo, scomodo probabilmente non solo a Cosa nostra ma anche a quel coacervo di poteri che con la mafia hanno dialogato in quegli anni in provincia di Trapani'".
"Certo, siamo soltanto alla sentenza di primo grado - hanno concluso Columba e Zingales - e il percorso è ancora lungo per scrivere la parola fine a questo dramma italiano, un percorso che consentirà di rafforzare il ricordo di Rostagno e consegnare la sua memoria non solo ai cronisti di domani ma alle giovani generazioni".  (PALERMO, 16 MAGGIO - ADNKRONOS)

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