''L'ipotesi che Mauro De Mauro sia sepolto a Conflenti e' credibile perche' fondata su ipotesi investigative attendibili. Certezze, comunque, al momento non possiamo averne''. Lo ha detto il dirigente della Squadra mobile di Catanzaro, Francesco Ratta'
Rattà ha confermato l'indiscrezione, parlando con i giornalisti nel cimitero di Conflenti, dove sono in corso gli scavi per verificare se effettivamente vi sia sepolto il giornalista de l'Ora. (ANSA) Sono stati trovati i resti di cinque teschi durante gli scavi nel cimitero di Conflenti, in provincia di Catanzaro, alla ricerca dei resti del cadavere che si sospetta possa essere quello di Mauro De Mauro, il giornalista de «l'Ora» di Palermo scomparso nel 1970. La riesumazione del cadavere dell'uomo registrato agli atti del Comune come Salvatore Belvedere, un esponente della 'ndrangheta evaso il 3 giugno del 1970 dal carcere di Lamezia Terme insieme ad altri tre detenuti, tra cui Pino Scriva, e poi ucciso per vendetta, è stata disposta dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Gerardo Dominjanni, che ha aperto un'inchiesta sulla base di un'informativa della Squadra Mobile di Catanzaro. Gli esami medico-legali sono stati affidati al professor Giulio Di Mizio, dell'Istituto di medicina legale dell'Università Magna Grecia di Catanzaro. I risultati si dovrebbero conoscere entro 60 giorni. La possibilità di accertare che i resti appartengano effettivamente a De Mauro però, ha spiegato ai giornalisti il medico-legale, «dipende dalle condizioni in cui si trovano i resti. Per questo non abbiamo la certezza che l'esame possa andare a buon fine». «Dobbiamo cercare in primo luogo - ha aggiunto Di Mizio - di tirare fuori un profilo di Dna utilizzabile. Dopodichè si deciderà, eventualmente, di compararlo con quello dei parenti di Salvatore Belvedere, l'affiliato alla 'ndrangheta al quale nel '71 furono attribuiti i resti, ed eventualmente di Mauro De Mauro. Tutto ciò dipende dalle condizioni di conservazione dei resti scheletrici. La presenza di muffa e condizioni di umidità potrebbero vanificare l'esame. Per questo siamo molto prudenti. Utilizzeremo delle tecniche particolari per ricostruire il Dna ma questo, sicuramente, non è un esame di routine ed è più complesso rispetto agli accertamenti normali». Il termine di 60 giorni è stato stabilito dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Gerardo Dominjanni, titolare dell'inchiesta. (Adnkronos)