«Un precario è meno libero». Tocca subito il cuore del problema, Maurizio Landini, segretario generale Cgil, intervenendo al Congresso Fnsi dove proprio il precariato è stato uno dei temi principali. Landini parte dal contesto: viviamo tempi di «guerra e di cambiamento da ogni punto di vista, economico, tecnologico, sociale». La libertà di informazione in Italia è a «un livello molto basso». Tra le cause proprio il precariato. «Quando uno è precario è meno libero, meno indipendente, più subalterno e ricattabile», rimarca.
Da dove ripartire? Sicuramente dal rinnovo dei contratti, in un momento in cui, complici la crisi economica e le sue ripercussioni sull’editoria, spesso si rischia «la limitazione della libertà di informazione». Oggi «siamo dentro una crisi della democrazia. La metà dei cittadini italiani non va a votare. Chi governa rappresenta quindi circa il 15 per cento di cittadini».
Sul fronte ucraino, invece, annuncia che il 24 e il 25 febbraio la Cgil assieme ad altri scenderà in piazza nel primo anniversario dallo scoppio del conflitto, «per impedire il rischio di una guerra nucleare, che è sotto gli occhi di tutti. C’è un rischio di condizionamento anche sull’informazione».
Il segretario Cgil fa poi un cenno alle polemiche su Rai e Festival di Sanremo, quindi si impegna con la Fnsi a «ragionare insieme su iniziative comuni». Il digitale e le trasformazioni che comporta impongono «un cambiamento anche all’organizzazione sindacale. La tecnologia – dice – non è neutra: il nuovo oro sono i dati e le informazioni».
Landini sottolinea poi l’esigenza di dare «dignità legislativa ai contratti collettivi nazionali» e alla definizione del salario minimo. «È così che si garantiscono dei diritti. Va contrastata la precarietà – incalza – e superata la logica che, nei fatti, mette in competizione il lavoro salariato classico con le partite Iva e le forme di lavoro autonomo».
I diritti, conclude Landini, «non possono essere legati al tipo di contratto, ma tutti devono avere gli stessi diritti e le stesse tutele» altrimenti, spesso, «chi ha bisogno di lavorare è poi costretto ad accettare condizioni che non accetterebbe mai».