«Tutti invocano la trasparenza, ma poi fa paura a qualcuno. Ci stanno provando ancora una volta a bloccare la Selezione pubblica della Rai per assumere 90 giornalisti professionisti». Lo denuncia su Facebook il segretario dell'Usigrai Vittorio Di Trapani.
«Nell'Italia dell'era Covid19 – prosegue – si svolge il concorso per la scuola (il prossimo 22 ottobre), si vota per le elezioni amministrative, si effettuano concorsi per assunzioni da parte dei Comuni, si fanno test di ammissione all'Università, ma per qualcuno non si potrebbe tenere la prima prova della Selezione Rai. È doveroso chiedere le massime garanzie e le più ampie tutele affinché i 3722 candidati possano partecipare riducendo i rischi al minimo possibile. L'Usigrai le ha chieste. E continuerà a farlo. La Rai ci ha dato ampie rassicurazioni. Fermare ora le procedure per la prima prova vorrebbe dire bloccare per sempre la Selezione pubblica».
Inoltre, incalza Di Trapani, «per assicurare la massima trasparenza è bene che le prove si svolgano in un'unica sede, gestite a livello centrale e non spacchettate in 16 regioni diverse. L'Usigrai ha voluto con forza la Selezione pubblica per giornalisti, perché l'ingresso in Rai trasparente e meritocratico è uno dei pilastri della politica sindacale. Con forza si batterà perché la Selezione vada in porto. Nel pieno e rigoroso rispetto delle norme per il contrasto al Covid19».
In un post precedente il segretario Usigrai dà notizia anche della chiusura delle giornate in cui sono stati firmati i verbali per il riconoscimento in Rai del "giusto contratto" a 240 giornaliste e giornalisti. «Dal 1 ottobre – scrive – avranno il contratto doveroso per il lavoro che fanno. È un momento di festa per l'Usigrai: dopo 20 anni di lotte, finalmente vengono riconosciuti i diritti di decine e decine di lavoratrici e lavoratori».
La gran parte delle persone che hanno firmato il "giusto contratto", osserva di Trapani, sono donne. «La dimostrazione che se si ampliano i diritti e si aumentano le garanzie si abbattono le discriminazioni, in particolare nei confronti di chi, come le donne, nel precariato paga il prezzo più salato. Grazie a chi ha reso possibile questo traguardo», aggiunge. E conclude: «È un punto di non ritorno nell'attività sindacale: ancor di più in una fase di crisi economica la priorità diventa l'inclusione, l'ampliamento dei diritti, il dovere etico e morale di non lasciare nessuno indietro. Perché non esiste libertà senza giustizia sociale».