Andranno a processo i quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. La decisione del gup Roberto Ranazzi, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, è arrivata al termine dell'udienza preliminare ripresa lunedì 4 dicembre 2023 dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato il processo.
La prima udienza è fissata per il 20 febbraio davanti alla Prima Corte d'Assise di Roma. In aula erano presenti i genitori di Giulio Paola Deffendi e Claudio Regeni accompagnati dal loro legale l'avvocato Alessandra Ballerini.
I quattro agenti della National Security che andranno a processo sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest'ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Nel procedimento è stata ammessa come parte civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Prima dell'udienza si è svolto all'esterno del tribunale un sit-in della scorta mediatica. Fuori piazzale Clodio, dove sono state distribuite rose gialle, anche rappresentanti della Fnsi e dell'Usigrai che in una nota ringrazia «tutte le colleghe e i colleghi che con ogni mezzo di informazione hanno tenuto alta l'attenzione sulla richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni. La decisione del rinvio a giudizio dei quattro agenti egiziani accusati di aver torturato e ucciso il ricercatore italiano è una vittoria per tutte le cittadine e i cittadini del nostro paese ai quali la decisione di oggi restituisce fiducia nelle istituzioni democratiche. È la conferma e la certezza che come ha stabilito la Corte Costituzionale non possono esserci zone d'impunità per gli agenti di un paese straniero».
Il 20 febbraio, conclude l'Usigrai, «si aprirà il processo e le giornaliste e i giornalisti della Rai e degli altri organi di informazione saranno ancora lì a dare voce alla ricerca della verità giudiziaria che dovrà stabilire le responsabilità di quello che è accaduto al Cairo sette anni fa».