Roma, 1 dicembre - Spettacolarizzare il fenomeno camorra è sbagliato, giova solo ai clan: parola di Rosaria Capacchione, giornalista de Il Mattino più volte entrata nel mirino del clan dei Casalesi a causa dei suoi articoli scomodi. Ora è sotto scorta, ma non ha intenzione di fermarsi. Oggi era a Roma, presso la sede della Federazione nazionale della stampa, per presentare il suo libro, L'oro della Camorra, edito da Bur.
Un'occasione di incontro e confronto su un fenomeno che ''non è roba da pagliacci, uno spettacolo, ma un problema grave dell'Italia'', dice Rosaria. Il suo libro arriva dopo Gomorra di Roberto Saviano, ma lei fa subito chiarezza: ''Fare un paragone tra il mio libro e Gomorra non è corretto, sono due cose completamente diverse. Temo che la spettacolarizzazione indichi una scarsa stima del fenomeno. Questo tipo di attenzione fa il loro gioco'', dice la giornalista, che a chi la paragona a Saviano risponde: ''Mi sento una giornalista, non sono una scrittrice''. E rivela poi di aver avuto un aiuto da Facebook: ''È un modo per sapere le cose, ho riscontrato notizie tutte vere, contando sulla riservatezza e sull'anonimato''. Accanto a lei Raffaele Cantone, il pm che ha sgominato il Clan dei Casalesi, ora giudice della Cassazione e che la Capacchione definisce ''una persona che ti riconcilia col mondo della giustizia''. ''Ammetto - dice il giudice - di aver utilizzato Rosaria come consulente, grazie agli spunti delle sue inchieste. Da lei ho avuto notizie che dal mondo della polizia e giudiziario non ho avuto. Se alcuni boss non sono stati scarcerati è stato merito suo. A volte il meccanismo è sfilacciato, può essere utile stare al di fuori, si ha una visione d'insieme. Dopo Gomorra è un po' di moda scrivere di mafia e dei Casalesi, ma questo è un libro destinato a essere studiato''. L'Oro della Camorra racconta ''come i boss casalesi siano diventati ricchi e potenti, manager che controllano l'economia di tutta la penisola'' attraverso gli appalti, la grande distribuzione, il cemento, il controllo della compravendita e distribuzione del latte e gli investimenti. In un passaggio l'autrice scrive ''il sangue fa da cortina fumogena'', per dire che ''gli affari economici hanno bisogno di silenzio, per cui si utilizzano i morti, il sangue, per distrarre l'attenzione''. In platea, tanti giornalisti e importanti esponenti della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, oltre al segretario dell'Ordine dei Giornalisti Enzo Jacopino, al presidente dell'Unione Cronisti italiani Guido Columba, al presidente della Fnsi Roberto Natale e al segretario Franco Siddi, che lancia un appello: ''Le cose che scrive Rosaria le dovrebbero scrivere molti altri giornalisti''. (ANSA) Roma, 1 dicembre - "Il giornalismo italiano ha bisogno di schierarsi sul terreno della legalità. Servirebbe più d'una Rosaria Capacchione, i giornalisti acquistino consapevolezza che non dobbiamo fare i tifosi ma raccontare dei fatti, e quanto più sono allarmanti tanto più vanno raccontati con rigore e costanza di notizie. Le notizie già da sole parlano, 'comandano', non abbiamo bisogno di caricarle". Lo ha detto Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, intervenendo alla presentazione del libro "L'oro della camorra", scritto da Rosaria Capacchione, la cronista del Mattino in forza alla redazione di Caserta che vive sotto scorta perché minacciata per le sue inchieste giornalistiche sulla camorra e sui traffici dei Casalesi. "È doveroso farlo - ha detto ancora Siddi - perché le parole sono il primo elemento di lotta alla criminalità e vorremmo fosse capito da tutti". Quest'ultima, una sottolineatura non a caso, da parte di Siddi, perché il riferimento era evidentemente al confronto spesso aspro tra chi fa informazione e chi sta dall'altra parte, cioè investigatori ed inquirenti, ovvero lo scontro sulla violazione del segreto istruttorio. Siddi ha auspicato che "non ci sia la caccia al giornalista, visto come uno che disturba, mentre altra cosa è senz'altro trovare un punto d'incontro sulla necessità di garantire il rispetto della privacy". Anche il presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha toccato il tema del confronto giornalisti-magistratura, sostenendo a proposito del disegno di legge Alfano che "c'è un'aria che non ci piace e non accetteremo bavagli. In quel disegno di legge ci sono le linee per rendere del tutto segrete le inchieste giudiziarie". E a proposito del libro di Rosaria Capacchione, il presidente della Fnsi ha sostenuto che "parlare dei Casalesi non è più parlare di un mostro sconosciuto", anche se purtroppo "occorre la scorta per difendere il diritto-dovere di informare", e nel caso della cronista del Mattino questo è fatto con "competenza e professionalità". (AGI)