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Fnsi 06 Mar 2003

Calcio e violenza: Ussi, responsabilità dei giornalisti, no alle strumentalizzazioni

Calcio e violenza: Ussi, responsabilità dei giornalisti, no alle strumentalizzazioni

Calcio e violenza:
Ussi, responsabilità
dei giornalisti, no alle strumentalizzazioni

Il Comitato di presidenza dell’Unione stampa sportiva italiana (Ussi) riunito a Putignano (Bari) sotto la presidenza di Antonello Capone ha invitato tutti i colleghi «al massimo senso di responsabilità e rispetto dei principi di deontologia professionale per offrire il massimo contributo alla soluzione del problema della violenza». Nello stesso tempo ha respinto «ogni tentativo di generalizzazione che tenderebbe a far credere che la stampa sportiva sia portatrice di principi e valori negativi che non le appartengono. Sarà la stessa Ussi, assieme alla Federazione nazionale della stampa e all’Ordine dei giornalisti a intervenire in caso di eccessi o di comportamenti sopra le righe». L’Ussi proprio la scorsa settimana ha raggiunto un accordo con il presidente della Federcalcio Franco Carraro: il Centro tecnico di Coverciano diventa l’università della crescita per sport e informazione migliori attraverso continui convegni, stage, incontro tra tutte le componenti del mondo del calcio, dei mass media, dell’economia, della politica, dell’istruzione, dell’ordine pubblico e del mondo sociale. Già a Putignano, con la collaborazione della Fondazione del Carnevale, l’Ussi ha riunito nella sala del Consiglio comunale i rappresentanti della Puglia di numerose discipline e categorie per dibattere proprio sugli argini da porre, insieme, al dilagare di violenze e intolleranze che spesso colpiscono, in Italia e all’estero, anche calciatori, atleti e giornalisti. La Presidenza dell’Ussi si è immediatamente attivata per seguire da vicino assieme alla Fnsi «delicate vicende che riguardano realtà editoriali di primaria importanza, offrendo tutto l’appoggio ai colleghi e il contributo di mediazione per evitare tagli di posti di lavoro e ridimensionamenti che causerebbero innanzitutto un impoverimento culturale».

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