Ancora una volta, a distanza di poche settimane, i magistrati livornesi hanno consegnato un avviso di garanzia al direttore del Corriere di Livorno, Emiliano Liuzzi, e al redattore capo, Gabriele Masiero. Violazione del segreto istruttorio, dice il pm, ma - come già era successo per l’indagine sulla Porto 2000 - per una notizia su presunta corruzione che coinvolge sindaci, finanzieri, poliziotti e imprenditori, dunque di grande rilievo dal punto di vista dell’opinione pubblica.
Fin qui sono rischi del mestiere. Il magistrato, però, mette in relazione il fatto che la notizie uscita sulle pagine del Corriere sia un beneficio in termini di copie e, di conseguenza, anche se “è tutto da accertare”, come scrive nel capo d’imputazione, è “probabile che i cronisti abbiano procurato un vantaggio patrimoniale ai pubblici ufficiali che hanno rivelato i particolari su un’inchiesta”. Crediamo che si tratti dell’ennesima intimidazione nei confronti del nostro giornale e, soprattutto, un terrorismo psicologico nei confronti di quelle che l’ordine dei giornalisti classifica come fonti. “Noi abbiamo il dovere di informare”, spiega Liuzzi, “e battere i corridoi dei tribunali a caccia di notizie rientra in quello che è la nostra delicata professione. La nostra principale preoccupazione è quella di attenerci alla verità, il resto sono pure illazioni. E i lettori possono stare tranquilli: noi continueremo a pubblicare tutto quello che riterremo meriti di essere stampato sul giornale. Siamo altresì convinti che l’accanimento giudiziario nei confronti dei giornalisti sia il frutto di una campagna politica che mette a serio rischio e pericolo la libertà d’informazione”. Lunedì il magistrato ha fissato l’interrogatorio, ma su questo punto il direttore Liuzzi è fermo: “Sono accuse infamanti, destituite di ogni fondamento, da accertare, come dice il magistrato. Dunque le accerti. Noi ci avvarremo della facoltà di non rispondere”.