Solidarietà di Ordine dei giornalisti e Associazione di stampa piemontesi a Riccardo Coletti, collega della “Stampa” che per le sue inchieste sul mondo dei “caporali” si è visto danneggiare l’automobile e affrontare da due uomini che lo hanno minacciato. E l’Unci rilancia: “L’episodio rende sempre più urgente un intervento legislativo a tutela dei cronisti”.
Ordine regionale del Piemonte e Associazione della stampa
Subalpina esprimono in un comunicato congiunto la propria solidarietà al collega
Riccardo Coletti, vittima di intimidazioni e minacce per il suo lavoro.
“Il giornalista Riccardo Coletti, collaboratore della ‘Stampa’, ha raccontato
sul suo giornale – scrivono Ordine e Assostampa – il dramma dei ‘migranti della
vendemmia’ sfruttati dai ‘caporali’, della manodopera in nero tra le vigne del
Moscato d’Asti. Per giorni, da cronista, ha cercato nelle piazze e nelle strade
di Canelli bulgari, macedoni, marocchini, albanesi. È andato a vedere dove
alloggiano, ha parlato con loro, ha documentato anche con fotografie le
miserabili condizioni in cui dormono dopo il lavoro, su pubbliche panchine o
ammassati nelle tende tra i boschi”.
“Un corretto lavoro d’inchiesta. Poi – prosegue la nota – qualcuno ha
danneggiato la sua automobile e a Coletti è capitato, mentre rincasava, di
essere minacciato da due uomini. Scesi da una BMW che aveva la targa coperta,
con accento straniero gli hanno detto: ‘Tu, finché c’è la vendemmia, a Canelli
non ci devi più venire’”. Messaggio inequivocabile, ma Coletti non si è
lasciato intimorire e ha denunciato l’accaduto ai carabinieri. E anche il suo
giornale ha rilanciato il fatto: “Cosa farò adesso?” – risponde nell’intervista
al collega Franco Binello – Continuerò il lavoro di sempre”.
L’Ordine dei giornalisti del Piemonte e l’Associazione stampa Subalpina,
intervenendo a commento dell’episodio – esprimono innanzitutto “indignazione
per l’accaduto e piena solidarietà al collega Coletti”, ringraziano le forze
dell’ordine “per il pronto avvio delle indagini seguite alla sua denuncia”, raccomandano
poi “la massima vigilanza affinché ogni giornalista possa svolgere fino in
fondo le sue inchieste e affinché il lavoro di Coletti e degli altri cronisti
sul fronte dello scandaloso caporalato possa proseguire e portare risultati di
informazione e civiltà”, invitano infine tutte le autorità pubbliche “a non
sottovalutare questi segnali e a fare tutto il possibile per fermare, in luoghi
così civili, fenomeni indegni”.
Unci: “Sempre più urgente un intervento legislativo a tutela dei cronisti”
Sulle minacce a Riccardo Coletti interviene anche il presidente dell’Unci, Alessandro Galimberti. “Il nuovo episodio di intimidazione al collega Riccardo Coletti della Stampa – scrive Galimberti –, minacciato da due sconosciuti per le sue indagini sul caporalato nelle vigne dell’Astigiano dopo aver subito un danneggiamento dell’auto, rende sempre più urgente un intervento legislativo a tutela dei cronisti, intervento che prenda atto della intollerabile escalation di aggressioni dirette, indirette, fisiche e virtuali a loro danno”.
“Perché – prosegue la nota dell’Unci – mentre il legislatore continua a concentrarsi, nei disegni in gestazione, su come restringere il perimetro della cronaca e su come aumentare la punibilità di chi ha solo il torto di raccontare la realtà ai cittadini/elettori, oggi con le regole in vigore chi ha minacciato Riccardo rischia una condanna meno che simbolica. Lo stesso, cioè nulla, rischiano i boss più o meno mafiosi che dai social network attaccano quotidianamente i cronisti. Mentre i cronisti devono invece affrontare quotidianamente, oltre il pericolo per la propria incolumità e dei propri congiunti, anche il rischio di querele temerarie e citazioni milionarie infondate, rischi che con le future leggi possono solo aumentare”.
“Ribaltare questa logica perversa dovrebbe essere, prima di tutto, un atto di responsabilità di chi governa il Paese e scrive le leggi. L'Unione Cronisti, nell’esprimere la piena solidarietà e condividere idealmente la responsabilità del lavoro di Riccardo Coletti, ribadisce – conclude il presidente Galimberti – l’impegno nella difesa della libertà di informazione e della dignità e dei diritti dei colleghi più esposti”.