Sono 315 gli atti intimidatori censiti da Avviso Pubblico nel 2023 a danno di sindaci, amministratori locali e dipendenti della Pubblica amministrazione. Un caso ogni 28 ore, con un incremento degli episodi al Nord che rappresenta il 39% del totale. È quanto emerge dalla presentazione del nuovo Rapporto “Amministratori sotto tiro”, svoltasi il 17 aprile 2024 a Roma nella sede della Federazione nazionale della Stampa italiana.
«Ci sono molte analogie tra gli amministratori e i cronisti sotto tiro: i più esposti sono quelli che operano in zone di frontiera, nelle periferie. E in più, ormai molti casi di minacce neanche vengono denunciati perché è in atto un pericoloso fenomeno di assuefazione, di abitudine alle intimidazioni», dichiara il presidente della Fnsi, Vittorio di Trapani, nel suo saluto introduttivo. «Una stampa libera che denuncia mafie e corruzione – ha proseguito Di Trapani - è un prezioso strumento di protezione anche per la buona politica e pubblica amministrazione. Per questo i provvedimenti liberticidi come l'emendamento Costa e il Ddl diffamazione sono un asfissiante guinzaglio alla libertà di stampa, cane da guardia anche contro mafie e corruzione».
Il presidente Fnsi è intervenuto anche sul tema del ruolo del giornalismo d'inchiesta nel servizio pubblico. «Al di là delle pompose dichiarazioni sulla valorizzazione del giornalismo d'inchiesta, poi contano i fatti. La riduzione delle repliche estive di Report è un caso di tafazzismo aziendale. O di sudditanza al governo», ha evidenzato, aggiungendo: «Si cancella un prodotto di qualità e che ha ottimi risultati d'ascolto, imponendo anche di concordare le puntate in replica con l'azienda. Evidentemente si vuol fare sentire come sgradito in Rai chi fa giornalismo d'inchiesta. O, peggio, favorirne l'uscita dal Servizio Pubblico. Secondo di Trapani è «un motivo in più per chiedere che il nuovo Cda della Rai venga nominato con i criteri e gli standard dell'European Media Freedom Act. E, in attesa che l'Emfa entri in vigore, per chiedere alla Commissione europea e a tutte le organizzazioni internazionali di accendere una luce su quello che sta accadendo in Italia».
Tornando al Report, i dati del 2023 confermano il trend degli ultimi 14 anni, in cui Avviso Pubblico ha censito oltre 5.300 eventi di violenze e minacce. «I dati confermano quantitativamente un fenomeno inaccettabile, che in alcuni luoghi d’Italia ha una pervasività tale da diventare quasi “ordinaria” modalità di relazione con le istituzioni. Atti concreti come violenza fisica, incendi e attentati dinamitardi – non solo lettere minatorie, offese, fake news e ingiurie sui social – si concentrano soprattutto al Centro-Sud», aggiunge il presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà. «Una condizione che si cronicizza, in particolare laddove la presenza criminale è più forte e dove si registrano scioglimenti dei comuni, a dimostrazione di un nesso pericoloso che deve essere oggetto di attenzione da parte del legislatore in vista di una possibile revisione della legge».
Per la prima volta la Calabria – e in particolare la provincia di Cosenza, dove sono stati registrati ben 30 atti di intimidazione in 15 differenti aree comunali – si attesta la regione italiana più colpita, con 51 episodi di atti intimidatori. Seguono la Campania, la Sicilia e la Puglia. Ma se da un lato i numeri sono allarmanti, dall’altro rivelano almeno in parte un risvolto positivo della medaglia: laddove si concentrano attentati e minacce, si è spesso in presenza di una resistenza al fenomeno mafioso da parte di amministratori che non cedono alle pressioni dei clan. Ma a preoccupare ora è l’avvicinarsi delle prossime elezioni, quando il fenomeno potrebbe inasprirsi per i tentativi delle organizzazioni criminali di condizionare l’esito delle urne.
«Infatti ad essere minacciato – prosegue Montà – oltre agli amministratori locali, è anche chi si candida a rivestire un incarico pubblico, fenomeno registrato in tutti i rapporti e che richiede un supplemento significativo di attenzione in vista della prossima tornata elettorale di giugno, quando andranno al voto il 47% dei Comuni italiani».
Il 55% dei casi di aggressione e minacce si registra nei comuni al di sotto dei 20mila abitanti; mentre il 21% avvengono in Comuni che in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. È il caso di ben 42 Comuni. Ancora una volta si registra un’alta percentuale di minacce e aggressioni alle amministratrici: il 17% del totale. Ma a cambiare è la modalità di intimidazione: le lettere minatorie cedono il passo ad azioni più violente come gli incendi.
A chiudere l’incontro dopo le testimonianze del sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi e del sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi, l’intervento della sottosegretaria al ministero dell’Interno, Wanda Ferro, che ha sottolineato che gli amministratori, «spesso eroi nascosti in piccole comunità», non devono «mai sentirsi soli»: per evitare che crescano rassegnazione e sfiducia nello Stato, «dobbiamo remare tutti nella stessa direzione: le istituzioni, gli enti locali, la magistratura, la politica perbene. Amministrare in libertà un territorio – ha concluso la sottosegretaria – è un dovere ma deve essere soprattutto un diritto».
Per il secondo anno consecutivo il Rapporto si arricchisce di un focus dedicato agli episodi di violenza politica nel resto d’Europa, redatto da Acled (Armed Conflict Location & Event Data Project), organizzazione no-profit statunitense.
PER APPROFONDIRE
A questo link è possibile vedere il video della presentazione del Rapporto.
Di seguito è possibile scaricare il Rapporto in formato pdf: