Il giornalista in costante tensione tra i valori deontologici e l’abilità tecnologia è il nuovo soggetto ibrido del giornalismo del terzo millennio, in costante conflitto tra la tirannia dell’intelligenza artificiale e la libertà dell’intelligenza 'emozionale'. Una nuova dimensione del mediatore 'equilibrista' che è anche la figura al centro del libro di Michele Mezza 'Algoritmi di libertà' (Donzelli editorie) presentato nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, a Roma.
Un confronto denso di spunti, in cui diritto del lavoro, diritto all’informazione, gli archivi digitali intesi come spazio pubblico e le capacità delle comunità di 'negoziare' gli algoritmi, oltre alle possibili interferenze nelle campagne elettorali, sono stati solo alcuni dei punti affrontati alla luce della premessa fatta dall'autore.
Moderati dall’ex presidente della Fnsi, Roberto Natale e introdotti dal presidente, Giuseppe Giulietti, ne hanno discusso la professoressa di diritto internazionale all'Università di Bari, Marina Castellaneta; la public editor della Stampa Anna Masera (che è anche stata coordinatrice del gruppo di lavoro della Camera sulla Dichiarazione dei Diritti di Internet); il giornalista di Articolo21 Vincenzo Vita e il presidente dell’Autorità garante per la privacy Antonello Soro.
Hanno approfondito temi quali il ruolo degli algoritmi e della psicometria, la (pre)potenza dei social media e delle piattaforme online, lo scandalo Cambridge Analytica: il tutto alla luce del ruolo del giornalismo e delle responsabilità del giornalista, chiamato oggi a difendere il ruolo di mediatore della realtà in questa epoca di disintermediazione e rimediazione operate dalle formule matematiche e dai loro inventori. Calcoli algebrici, ideati da organismi privati con l’obiettivo di renderne profittevoli gli impieghi, che pervadono e condizionano le nostre vite, ma che noi non ci rendiamo neanche conto che esistano.
«La vicenda Cambridge Analytica è solo la punta di un iceberg molto più grande. Il sistema della profilazione per finalità commerciali che regge tutta l'economia digitale ha incrociato un tema democratico che ha dimensioni internazionali. È ragionevole pensare che, se non cambierà il regime della profilazione dei dati, se non ci saranno regole rispettabili, questo possa influenzare l'andamento delle consultazioni elettorali», ha evidenziato Antonello Soro, che con gli altri garanti europei per la privacy fa parte di un gruppo di lavoro ad hoc sui social network.
«Su ciò che è accaduto in Italia occorrerà una verifica più puntuale, non solo su Cambridge Analytica. Non si può escludere che altre società di marketing politico abbiano operato in questa direzione», ha detto ancora Soro, che – tra le altre cose – ha anche fatto cenno alle nuove regole europee per la protezione dei dati personali e anticipato il prossimo incontro con il vicepresidente privacy di Facebook, Steven Deadman.
Se, dunque, da un lato la tecnologia rende la vita più facile, dall’altro c’è il rischio che il prezzo da pagare per i servizi 'gratuiti' offerti dai grandi player globali sia calcolato in termini di libertà. Secondo Anna Masera, «la risposta migliore che possiamo dare a chi vorrebbe impossessarsi delle nostre vite, oltre che dei nostri dati, consiste nell'incentivare l'innovazione e la creazione di un mercato libero e aperto. Così da creare le soluzioni più adatte ai problemi insiti nelle nuove tecnologie e da incentivare una diffusa consapevolezza, tanto delle criticità quanto dei rimedi. L'algoritmo in sé – ha concluso – non è cattivo né buono. Siamo noi che dobbiamo sapere come funziona per usarlo in maniera opportuna».
La professoressa Marina Castellaneta ha raccontato come si stanno muovendo in materia di privacy le istituzioni internazionali, tornando su alcuni aspetti del regolamento sulla protezione dei dati che entrerà in vigore in tutto il continente il 25 maggio, e posto l’accento sul ruolo nuovo che spetta a chi si occupa di diritto internazionale e sulla necessità di una rinnovata dialettica tra i soggetti, istituzionali e non, chiamati a rapportarsi con questo scenario, sempre più articolato.
Vincenzo Vita, infine, ha riproposto la necessità di «sviluppare una cultura critica dell'uso della rete per creare le condizioni di una negoziazione dell’algoritmo» che liberi gli utenti dal dominio dei monopolisti delle formule matematiche e ha lanciato un appello al Servizio pubblico affinché esca dalla dimensione puramente radiotelevisiva per entrare a pieno titolo nei processi di transizione dei linguaggi verso il digitale.
In definitiva, come si legge in terza di copertina del libro, secondo l'autore è oggi 'necessario prospettare un nuovo patto sociale che concepisca le comunità di utenti come soggetti negoziali della potenza di calcolo'. Per non rimanere imbrigliati nella rete e non essere sudditi di Facebook, Google & co.