Appello de "I giornalisti del No" (comitato promosso dai Cdr del Corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero, La Nazione, Il Giorno, l'Adige, e appoggiato da giornalisti dipendenti e freelances)
"Al referendum votiamo no. E' il contratto della sconfitta. Per questo al referendum bisogna votare no. Lo dobbiamo alla nostra dignità professionale. I giovani non possono pagare il prezzo della nostra rassegnazione. E' il contratto che uccide il mercato del lavoro. Con il "via libera" concesso agli stati di crisi, le redazioni di decine di quotidiani, periodici ed agenzie rischiano di essere ridotte del 25%, e nel progetto degli editori ne usciranno ridimensionate per sempre. La prima conseguenza degli stati di crisi è il blocco del turnover, lasciando fuori dalla porta un'intera generazione dei giornalisti. Che era pronta ad entrare nelle redazioni ora, che sarà considerata troppo vecchia per essere assunta quando sarà finita la bufera. E' il contratto che ruba occupazione anche perché con il regalo agli editori medio-grandi del multimediale non volontario, delle mansioni poligrafiche assegnate ai giornalisti, delle sinergie non volontarie (oltre che non pagate) ottiene che lo stesso giornalista copra quelli che erano più posti di lavoro. E' il contratto che ci rende più poveri. La radicale riforma degli scatti d'anzianità provoca un danno molto più grave sulle retribuzioni rispetto all'aumento dei minimi contrattuali, che non coprono nemmeno l'inflazione. E' il contratto che ci rende meno liberi. Con il multitestata non avremo più il controllo del nostro lavoro. Con il distacco senza volontarietà a decidere i nostri destini saranno gli editori. Il distacco non c'è in nessuna professione intellettuale. C'è negli edili, ma è volontario. Il Cdr non avrà più neanche il diritto di esprimere un parere sul momento più drammatico nella vita di un giornalista, il licenziamento. All'Editore basterà dire che licenzia per giusta causa. E' il contratto che travolge l'Inpgi. Il fondo di perequazione è una foglia di fico. Facciamo l'esempio di un grande quotidiano. Cinque euro tolti dai nostri minimi ogni mese, in una redazione di duecento colleghi fanno mille euro. Ma se dalla stessa redazione verrà prepensionato il 25% dei giornalisti, l'Inpgi perderà indicativamente 180 mila euro al mese di mancati contributi. E i mille euro diventano 750 (25%). Se invece non c'è stato di crisi, i duecento colleghi perderanno con la riforma degli scatti venti milioni di euro di retribuzione e contributi nell'arco di dieci anni. Almeno un terzo di questa cifra sono contributi previdenziali che l'Inpgi perderà. E' il contratto delle ingiustizie. Finalmente i colleghi dell'allegato N(settanta in tutta Italia) sono inseriti nel contratto-quadro. Ma restano discriminati: per loro non vale l'anzianità acquisita per far maturare gli scatti d'anzianità. E restano fuori dal contratto 1.380 colleghi dell'emittenza locale. E' il contratto dell'ipocrisia. Vengono innalzati i minimi degli assunti a contratto a tempo determinato, e questo viene chiamato "patto generazionale". Nel contratto del 2001 gli stipendi più bassi venivano chiamati "incentivi contro la disoccupazione". Mentre la Fnsi lascia via libera all'invasione di co.co.co. E' il contratto firmato dalla "casta". Gli editori hanno ottenuto tutto e di più di quello che avevano chiesto. L'unica cosa che non sono riusciti ad ottenere è un controllo sui permessi sindacali. Quelli non si toccano. In questo i "sindacalisti di carriera" della Fnsi si sono fatti rispettare. Solo in questo, però. Il resto lo hanno regalato tutto. Per questo tutti insieme diciamo serenamente che questo contratto non ci piace".