«L'appello che mi sento di rivolgere alle giornaliste e ai giornalisti italiani è a raccontare non solo il viaggio di papa Francesco in Congo, ma tutto ciò che c'è intorno a questo viaggio. A spiegare il contesto per poter capire il testo, ad andare alle frontiere per dare voce agli ultimi, a seguire le ripetute esortazioni del pontefice a "illuminare le periferie del mondo", perché così potremo comprendere cosa accade a casa nostra, perché altrimenti non possiamo capire i conflitti alle porte di casa nostra». Questo il saluto del presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, ai rappresentanti delle associazioni che mercoledì 25 gennaio 2023 hanno dato vita, nella sede del sindacato, alla conferenza stampa "A quando la pace in Congo?".
Ricordando Mario Paciolla, padre Paolo Dall'Oglio e Giulio Regeni, nel giorno dell'anniversario del suo rapimento al Cairo, Giulietti ha quindi ripreso le parole di Bergoglio nel messaggio per la 57ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, appena reso pubblico. «È nostro dovere come operatori dell'informazione – ha detto – alimentare il dialogo, non odio e guerra; andare nei luoghi e raccontarli senza tradire la verità. Un messaggio di grandissima forza, non retorico né buonista, ma necessario».
Nella sede della Fnsi, a pochi giorni dal viaggio di papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo, i rappresentanti di 107 enti, associazioni, comitati e gruppi della società civile italiana hanno ribadito la richiesta di spezzare il silenzio sulla guerra e sui crimini commessi ai danni della popolazione negli ultimi 30 anni. Un grido per un popolo che è stato annientato e distrutto in un conflitto che ha avuto i civili, soprattutto donne e bambini, come principale bersaglio.
A papa Bergoglio, le associazioni hanno inviato una lettera, chiedendo che «dia voce al grido della popolazione congolese facendo conoscere le sue sofferenze e al tempo stesso denunciando le "cause strutturali" e le responsabilità politiche ed economiche dell'Occidente, che si appropria impunemente delle risorse naturali, dei mercati e delle risorse umane di questo Paese», e hanno ribadito l'esigenza di una smobilitazione e smilitarizzazione della regione del Nord e Sud Kivu.
La richiesta alle istituzioni internazionali è di ripristinare e revisionare il Regolamento 2017/821, entrato in vigore il 1 gennaio 2021, estendendolo al cobalto e rendendo concreta l'applicazione della legge sulla tracciabilità dei minerali, «uno strumento concreto per bloccare l'uso di minerali che provengono da aree di conflitto». E ancora, che «si dia seguito a quanto indicato dal "Rapporto del Progetto Mapping relativo alle violazioni più gravi dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale umanitario commesse tra marzo 1993 e giugno 2003 sul territorio della Repubblica Democratica del Congo", che promuove l'istituzione di un Tribunale penale internazionale per la Repubblica Democratica del Congo che possa processare i crimini di genocidio, i crimini di guerra e quelli contro l'umanità commessi e la creazione di una Commissione verità e riconciliazione», hanno ripetuto i promotori dell'incontro.
«Il caso Congo, la guerra che ci è imposta, ci ha insegnato tanto: in Congo c'è umanità ovunque. Le sofferenze invece di dividerci ci hanno resi più uniti. Prima c'erano le tribù, adesso c'è un solo popolo congolese. Perché sappiamo che la violenza fa male a tutti. Un'arma non è fatta per proteggere una comunità, tutte le armi uccidono. La guerra, che è la nostra storia, ci ha insegnato che solo la non violenza sarà capace di dare risultati», la testimonianza di Micheline Mwendike, attivista dei diritti umani di origine congolese.