Non solo "dolore", ma anche «l'umiliazione di formali ossequi»: Luciana Alpi, madre di Ilaria, la giornalista uccisa in Somalia il 20 marzo 1994, getta la spugna e annuncia: «Ho deciso di astenermi d'ora in avanti dal frequentare uffici giudiziari e dal promuovere nuove iniziative. Non verrà però meno la mia vigilanza contro ogni altro tentativo di occultamento».
«Con il cuore pieno di amarezza, come cittadina e come madre – scrive Luciana Alpi in una lettera a Repubblica.it – ho dovuto assistere alla prova di incapacità data, senza vergogna, per ben ventitré anni dalla Giustizia italiana e dai suoi responsabili, davanti alla spietata esecuzione di Ilaria e del suo collega Miran Hrovatin».
«Al dolore – continua Luciana – si è aggiunta l'umiliazione di formali ossequi da parte di chi ha operato sistematicamente per occultare la verità e i proventi di traffici illeciti. Da ultimo, dopo la sentenza della Corte d'Appello di Perugia mi ero illusa che i nuovi elementi di prova inducessero la Procura della Repubblica ad agire tempestivamente per evitare nuovi depistaggi e occultamenti».
Un'illusione, appunto: «Non posso tollerare ulteriormente –prosegue – il tormento di un'attesa che non mi è consentita né dall'età né dalla salute. Per questo motivo ho deciso di astenermi d'ora in avanti dal frequentare uffici giudiziari e dal promuovere nuove iniziative».
Nel condividere le parole di Luciana Alpi, la Fnsi fa appello «alle autorità istituzionali, di governo e alla magistratura affinché si compia davvero ogni sforzo per percorrere tutte le strade utili non solo ad individuare i mandanti e gli esecutori, ma anche gli autori del depistaggio e dei troppi inquinamenti che hanno segnato questa tragedia».