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Lutto 18 Mar 2013

Tragico incidente: muore Piero Gigli e la sua compagna

"Noi de l’Unità ce lo ricordiamo così Piero Gigli, col sorriso obliquo, le sempiterne Clarks, i modi da gran signore e la passione per il jazz. «Il Gigli», il capo degli spettacoli e delle culture di Roma, quello che ha insegnato il mestiere a tre generazioni, che ci passava i pezzi, che ci mostrava come si fanno i titoli. Quello delle discussioni infinite su quel film, quel disco, sulla politica". Questo è l'attacco dell'articolo de L'Unità di lunedì 18 marzo che ricorda il collega Piero Gigli per anni redattore del giornale comunista morto in un drammatico incidente stradale nei pressi di Montiano assieme alla sua compagna Egle.

"Noi de l’Unità ce lo ricordiamo così Piero Gigli, col sorriso obliquo, le sempiterne Clarks, i modi da gran signore e la passione per il jazz. «Il Gigli», il capo degli spettacoli e delle culture di Roma, quello che ha insegnato il mestiere a tre generazioni, che ci passava i pezzi, che ci mostrava come si fanno i titoli. Quello delle discussioni infinite su quel film, quel disco, sulla politica". Questo è l'attacco dell'articolo de L'Unità di lunedì 18 marzo che ricorda il collega Piero Gigli per anni redattore del giornale comunista morto in un drammatico incidente stradale nei pressi di Montiano assieme alla sua compagna Egle.

 Ce lo ricordiamo toscano trapiantato al centro di Roma, l’interesse per il free più furibondo e le corse di cavalli. Se n’è andato ieri mattina, a 76 anni, vittima di un incidente stradale, dove ha perso la vita anche Egle, sua compagna da tanto tempo. Condividevano letture e ascolti importanti, e l’amore per la Toscana, dove si recavano spesso. Ieri Piero ed Egle stavano andando a trovare gli amici a Montiano. Lo scontro con un’altra auto è avvenuto sulla strada di San Donato a Fonteblanda, in provincia di Grosseto.
 Piero Gigli era nato ad Arezzo, da una famiglia comunista. Il fratello Enzo ha ricoperto anche la carica di assessore provinciale nelle giunte di sinistra. Piero aveva cominciato a lavorare per l’Unità come corrispondente verso la fine degli anni Sessanta quando scrivere per questo giornale era una scelta di vita, una decisione ideologica, politica. Era militanza. Poi, si era trasferito a Roma, dove si era occupato delle pagine delle Province. Infine gli spettacoli. Il suo posto. Perché era un curioso onnivoro di teatro, di cinema, d’arte, di musica.
 Noi de l’Unità ce lo ricordiamo così, col baschetto in testa a coprire una cicatrice, l’unico segno di un aneurisma che l’aveva colpito a Cortona. Si era ripreso dopo una lunga convalescenza, ma alla grande. Ne parlava come di una delle tante battaglie vinte, superate con la grinta, la perseveranza, ascoltando jazz. Ce lo ricordiamo in via dei Taurini, con una mela in tasca portata via dalla mensa, la scrivania ordinata e le file di musicassette, le amatissime Tdk, che preparava per noi. In una Mingus, nell’altra Coltrane, e poi Bill Evans, Miles Davis, Sonny Rollins. Faceva spesso coppia con Filippo Bianchi, critico jazz sopraffino. Insieme avevano anche ideato un programma di ascolti d’alto bordo in Rai. Ed era grande amico di Enrico Gallian, «Ghigo», pittore di esplosioni e macchie di colore inverosimile, gigantesche, totali, scrittore d’arte, passionale e sofferto poeta della Roma periferica.
 Se ne andavano in giro, per il quartiere San Lorenzo, parlando di pittura e di suoni assoluti. Il jazz, non solo quello romano, gli deve moltissimo. Fu tra i primi a segnalare il genio dolente di Massimo Urbani, a seguire il percorso fulminante dei Cadmo di Antonello Salis. Frequentava il Music Inn, tempio della grande musica sul Lungotevere, quando ancora c’erano Picchi e Pepito Pignatelli, quando Chet Baker faceva vibrare le pareti umide con la sua tromba gioiello. Frequentava il Big Mama, la casa del blues dove talvolta si invaghiva anche di rock, e soprattutto passava intere serate al Folkstudio, incuriosito dai giovani cantautori, dagli esordienti.
 Ce lo ricordiamo così Piero, a sostenere con appassionata solidarietà le avventure di Giancarlo Cesaroni, altro spirito libero, ingestibile. Amava la musica «altra» Piero, quella di Eugenio Colombo, di Giorgio Gaslini, di Mario Schiano, di Giancarlo Schiaffini. La musica che è un graffio nell’anima. Quella che ha una bellezza violenta, si scopre piano, con fatica, scalando pentagrammi come montagne dure. Musica che segna per sempre. Ce lo ricordiamo così, Piero. Tra le note, con i modi da galantuomo. Il nostro abbraccio grande alla famiglia, al figlio Luca.

Daniela Amenta

da L'Unità del 18 marzo 2013

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