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Giornalisti 03 Set 2014

Terrorismo: un altro giornalista Usa decapitato dall'Isis Dopo Foley ucciso barbaramente anche Sotloff

"Sono tornato Obama, sono tornato per la tua politica estera arrogante verso lo Stato Islamico". Cosi' riappare il boia soprannominato John il britannico nel video di 2,46 minuti in cui viene decapitato dagli jihadisti sunniti dello Stato Islamico il secondo giornalista Usa, Steven Sotloff, 31 anni, rapito in Siria agosto 2013. Lo riferisce il portale Site che abitualmente monitora i siti web jihadisti. Nel video, secondo Site, sarebbe sempre John a parlare e a decapitare Sotloff. Si tratta dello stesso uomo che appare nel video video in cui il 19 agosto venne mostrata la macabra decapitazione del collega James Foley.

"Sono tornato Obama, sono tornato per la tua politica estera arrogante verso lo Stato Islamico". Cosi' riappare il boia soprannominato John il britannico nel video di 2,46 minuti in cui viene decapitato dagli jihadisti sunniti dello Stato Islamico il secondo giornalista Usa, Steven Sotloff, 31 anni, rapito in Siria agosto 2013. Lo riferisce il portale Site che abitualmente monitora i siti web jihadisti. Nel video, secondo Site, sarebbe sempre John a parlare e a decapitare Sotloff. Si tratta dello stesso uomo che appare nel video video in cui il 19 agosto venne mostrata la macabra decapitazione del collega James Foley.

Video in cui Is, avvertiva Barack Obama che la vita del secondo ostaggio dipendeva da lui. Se avesse continuato i raid aerei in Iraq anche Sotoloff avrebbe fatto la fine di Foley. Sotloff, riferisce Site, come Foley ha accusato l'amministrazione Obama della sua morte: "Sto pagando il prezzo" dei raid aerei contro Is in Iraq. (AGI 2 settembre 2014)

SOTLOFF, FREELANCE CON PASSIONE DELL'ISLAM E NBA

Steven Sotloff, il giornalista free-lance americano di cui lo Stato islamico (Is) ha diffuso il video della decapitazione, era stato rapito il 14 agosto vicino ad Aleppo, in Siria. Trentunenne, originario della Florida, Sotloff parlava l'arabo e aveva collaborato con il settimanale Time ma anche con Foreign Policy, World Affairs, Cnn e Fox News, seguendo le crisi in Egitto, Turchia, Libia e Bahrein. La sue esecuzione era stata in qualche modo anticipata il 19 agosto nel video jihadista dell'esecuzione di un altro giornalista Usa, James Foley, in cui Sotloff compariva brevemente nelle ultime sequenze legato, con la tuta arancione e i capelli rasati a zero, mentre un miliziano vestito di nero lo teneva da dietro per la collottola. Le immagini erano accompagnate dall'avvertimento che la sua sorte sarebbe dipesa dalle prossime mosse di Barack Obama. Nei giorni successivi gli Usa avevano intensificato i bombardamenti contro le postazioni dell'Is nel nord dell'Iraq. Il 28 agosto la madre di Sotloff, Shirley, si era rivolta in un video direttamente al leader del gruppo militante sunnita Abu Bakr al-Baghdadi chiedendo la liberazione del figlio. "Steven non ha alcun controllo sulle azioni del governo degli Stati uniti, e' un giornalista innocente" e "non dovrebbe essere punito per decisioni che non dipendono da lui". "E' un reporter che e' andato in Medio Oriente per raccontare la sofferenza dei musulmani per mano dei tiranni", aveva detto la donna implorando la grazia del 'Califfo, "un figlio, fratello e nipote leale e altruista, un uomo generoso che ha sempre tentato di aiutare i deboli". Anche sul sito governativo Usa WhiteHouse.gov era comparsa una petizione per chiedere a Obama di salvare Sotloff che in pochi giorni ha ricevuto migliaia di sottoscrizioni. Sotloff amava il mondo islamico e nei suoi reportage si era spesso concentrato sul lato umano dei conflitti mediorientali, ad esempio visitando i campi profughi dei siriani. Era un grande tifoso di basket, sosteneva i Miami Heat negli ultimi anni dominatori della Nba, e sul suo profilo Twitter si definiva "un filosofo da cabaret di Miami". (AGI 2 settembre 2014)

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SIDDI: RACCAPRICCIO ED ORRORE PER QUESTA BARBARA UCCISIONE, DELITTI CONTRO L'UMANITA'

"Raccapriccio e orrore per la decapitazione del collega usa Steven Sotloff, dopo quella di poche settimane fa del giornalista James Foley, avvenuta per mano di criminali terroristi dell'Isis. Non può esistere nessuna giustificazione alla vera e propria barbarie a cui siamo costretti ad assistere da mesi. La colpa del giovane free-lance americano era quella di voler testimoniare il genocidio di un popolo che ha sempre amato e conosciuto per anni. Offriva la mondo la documentazione genuina di una tragedia, prima base di conoscenza e formazione delle coscienze libere. I terroristi dell'Isis considerano perciò, il giornalista un nemico da abbattere, ancor più perché va incontro e dà luce e voce a minoranze e vittime di fanatiche organizzazioni criminali e poi ancora perché americano. Ma tutti sanno che non è un agente belligerante. L' orrenda esecuzione e l’esibizione del disgustoso e cruento assassinio deve essere stigmatizzato, condannato e represso duramente da tutte le voci libere del mondo e dalle istituzioni internazionali. La Fnsi continua a sostenere perciò con forza la posizione della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj), la quale sostiene e pretende che l'omicidio di un giornalista, nello svolgimento delle sue funzioni, debba essere considerato dall'Onu un delitto contro l'umanità. E che, di conseguenza, sia perseguito con azioni giurisdizionali internazionali. Senza se e senza ma".

@fnsisocial

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