''Il giornalismo italiano purtroppo in queste giornate drammatiche e delicate per l'economia e la finanza e anche la politica italiana su alcuni temi come quello delle pensioni salvo poche eccezioni sembra seguire quasi acriticamente il corso dell'opinione politica che appare più corrispondente alle correnti di pensiero dell'establishment''. Lo afferma il segretario nazionale della Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) durante il seminario dell'Associazione stampa Friuli, Inpgi e Fnsi in corso sul welfare di categoria.
Siddi chiude categoricamente ad interventi restrittivi finalizzati unicamente a fare cassa e a considerare le persone e le loro famiglie solo come numeri di bilancio da fare quadrare.
''Sulle pensioni - dice Siddi- occorre sicuramente più prudenza e rigore, più aderenza ai dati di fatto. Il problema italiano non è tanto strutturale quanto di cassa e non si puo' intervenire sulle pensioni per fare cassa''.
''Il sistema pensionistico, se si rispettano le regole, è autosufficiente -aggiunge Siddi- e pecca semmai di inadempienze. Siamo l'unico paese dell'Europa occidentale che non restituisce nulla a chi versa contributi per meno di cinque anni. Chi viene a trovarsi in questa condizione, soprattutto immigrati, avrà finanziato ''a perdere'' l'Inps.
In Germania un immigrato italiano che abbia lavorato almeno un anno all'età della pensione ha la sua rendita, sia pure minima, perché c'è un patto sociale che deve essere onorato''.
''Quanto all'età i giornalisti -sottolinea Siddi- hanno fatto la loro parte e se lo Stato italiano avesse avuto considerazione per le buone pratiche applicate sarebbe molto più avanti: La pensione di anzianità fra due anni sarà possibile solo a 62 anni di età ma chi vorrà mantenerla, chiedendola prima, ha una forte penalizzazione. La generalità dei cittadini invece l'avrà presto solo a 62 anni, un'età ben superiore a quella dei francesi''.
''Il nodo dell'anzianità riguarda il pregresso, le pensioni facili, per le quali paghiamo tutti un debito pesante. Oggi invece -spiega Siddi- riguarda le espulsioni dal lavoro per le quali le principali aziende - anche nell'editoria - che oggi chiedono di portare l'età pensionistica intorno ai 70 anni, chiedono ogni anno massicci prepensionamenti di persone attive e validissime che hanno la colpa di avere 58 anni di età. Forse bisogna guardare meglio la realtà delle cose pensare ad altro ed è strano che in questo paese non si parli di patrimoniale, sia pure limitata nel tempo, benché alcuni imprenditori importanti riconoscono che questa sia una strada di salvezza nella transizione terribile in cui viviamo''.
''Noi come categoria sindacalmente impegnata nella gestione automa del nostro istituto di previdenza, sostitutivo degli obblighi dello Stato, ci preoccupiamo -conclude il segretario della Fnsi- della coesione sociale e delle famiglie. Il dibattito di queste ore sembra ridurre le persone e le famiglie a un valore dei bilanci delle finanziarie non dei beni e delle persone che lo Stato deve tenere insieme''. (TRIESTE, 25 OTTOBRE - ASCA)