La Federazione nazionale della Stampa italiana, di intesa con Associazione della Stampa e Ordine dei giornalisti dell'Emilia Romagna, chiederà un incontro al presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, per sottoporre alla sua attenzione le gravi minacce ricevute da Donato Ungaro, indicato da un pentito di 'ndrangheta come un possibile bersaglio per via del suo lavoro. Lo ha annunciato il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Bologna dopo le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Vincenzo Marino, il 24 luglio scorso, nel corso di un'udienza in Corte d'Appello del processo Aemilia.
«Siamo dalla parte dei cronisti sotto scorta senza eccezione alcuna», ha ribadito Giulietti. «La Fnsi si costituirà parte civile al processo e continuerà ad illuminare questa vicenda e a fare da scorta mediatica a Donato», ha quindi scandito, chiedendo alle autorità giudiziarie locali cosa intendano fare rispetto alle minacce ricevute da Ungaro.
«Non ci possono essere ragionamenti del tipo 'se l'è cercata'. Bisogna mantenere alta l'attenzione e fare in modo che tutti i colleghi continuino a occuparsi di questi temi, non lasciando i giornalisti 'già segnati' soli a occuparsene», ha osservato Giovanni Rossi, presidente dell'Ordine dei giornalisti dell'Emilia-Romagna. «Questa vicenda – ha aggiunto – non è un problema solo dei giornalisti. La magistratura si impegni a fare chiarezza».
Per Mattia Motta, segretario generale aggiunto della Fnsi, «è un momento delicato» per la categoria, quindi occorre «alzare l'asticella sia sui giornalisti minacciati che sulle tante, troppe vertenze».
«Quando scrivevo per la 'Gazzetta di Reggio' non mi occupavo di 'ndragheta. Scrivevo di politica locale e imprenditoria. Qualcuno mi deve spiegare perché, occupandomi di politica, la 'ndrangheta mi voleva sistemare», ha raccontato Ungaro, che ha poi chiesto alla magistratura «di fare luce su questi contatti. Un giornalista che viene isolato – ha sottolineato – è un obiettivo».
«Chiunque può finire nel mirino», ha infine ammonito Giulietti. «Non tollererò più e denuncerò i colleghi che sparano alle spalle dei giornalisti sotto scorta. Fare da scorta mediatica – ha concluso il presidente della Fnsi – significa riprendere le inchieste di chi viene minacciato, tornare sul luogo dove l'inchiesta ha prodotto la minaccia».