Dopo due giorni di serrato dibattito, e alcune modifiche al testo licenziato dal Senato, la Camera ha approvato ieri sera il provvedimento di riforma della Rai. Il testo torna ora a Palazzo Madama per il nuovo voto.
Dopo due giorni di serrato dibattito, iniziato con il voto
che ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità presentate dalle
opposizioni e proseguito con la discussione articolo per articolo del
provvedimento, la Camera ha approvato il disegno di legge di riforma della
governance Rai.
Il testo esce in parte modificato rispetto a quello approvato
in Senato a fine luglio e per questo dovrà ora tornare a palazzo Madama per
l’eventuale voto definitivo.
Tra le modifiche introdotte a Montecitorio la norma sulla trasparenza dei
compensi dei dirigenti, ma solo se superano il tetto dei 200mila euro e senza
estendere la novità alle “star”; la riduzione del numero dei componenti del
Cda, che passa da 9 a 7 e che non sarà più eletto dalla commissione di
Vigilanza; l’istituzione della figura dell'Amministratore delegato, anche se in
un primo momento e nella fase transitoria, sarà il Direttore generale ad avere
poteri più ampi, tanto da essere stato definito “Super Dg”; la rimodulazione
del ruolo del presidente, che sarà “di garanzia”.
L'Amministratore delegato sarà nominato dal Cda su proposta dell'assemblea dei
soci, e quindi dal ministero dell'Economia, e resterà in carica per tre anni,
salvo possibilità di revoca da parte dello stesso consiglio di amministrazione.
Potrà nominare i dirigenti, ma per le nomine editoriali deve avere il parere
del Cda. Vi è poi incompatibilità a ricoprire la carica di Ad della Rai per i
membri del governo, fino a dodici mesi precedenti alla data della nomina.
Il presidente viene nominato dal Cda tra i suoi membri, ma deve anche ottenere
il parere favorevole della commissione di Vigilanza con i due terzi dei voti.
Il Consiglio di amministrazione sarà composto da 7 membri, quattro dei quali
verranno eletti dal Parlamento, due nominati dal governo e uno designato
dall'assemblea dei dipendenti. Vengono inoltre previsti requisiti di
onorabilità per i consiglieri e un tetto alle loro retribuzioni. Non possono
ricoprire la carica di consiglieri di amministratore della Rai ministri,
viceministri e sottosegretari in carica o che abbiano ricoperto la carica nei
dodici mesi precedenti alla data della nomina. Le nuove norme sul Cda si
applicheranno solo a partire dal primo rinnovo. Fino a quel momento sarà il
Direttore generale ad avere maggiori poteri.
Passano poi da tre a cinque gli anni di durata dei contratti per lo svolgimento
del servizio pubblico e acquista maggiore potere il governo, che prima di ogni
rinnovo dei contratti deve indicarne gli indirizzi. Inoltre il ministero dello
Sviluppo economico, in vista dell'affidamento della concessione del servizio pubblico
(che scade nel maggio 2016), è chiamato ad avviare una consultazione pubblica
sugli obblighi del servizio medesimo, garantendo la più ampia partecipazione
possibile, e a trasmettere alla commissione di Vigilanza lo schema di contratto
di servizio almeno sei mesi prima della scadenza del contratto vigente.
Il testo approvato dalla Camera affida quindi al governo la delega ad adottare,
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto
legislativo per la modifica del testo unico dei servizi di media audiovisivi e
radiofonici, seguendo alcuni criteri direttivi, mentre resta fuori dal
provvedimento la delega al governo – eliminata dal Senato – sulla riforma del
canone.
Ok anche agli emendamenti sulle regole per la concessione degli appalti della
tv pubblica. Un primo emendamento stabilisce che sono esclusi dalla normativa
del codice sugli appalti solo i contratti aventi per oggetto lavori, servizi e
forniture, relativi "all'acquisto, lo sviluppo, la produzione o la
coproduzione, la commercializzazione di programmi radiotelevisivi". E si
stabilisce, inoltre, che "l'affidamento dei contratti avviene nel rispetto
dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,
trasparenza e proporzionalità.
E ok, infine, anche ad alcuni ordini del giorno, tra cui il vincolo al governo
ad "adottare le opportune iniziative anche normative affinché i contratti
con fornitori esterni possano essere stipulati solo qualora le capacità e
professionalità ricercate siano effettivamente carenti all'interno
dell'azienda" e l’obbligo della Rai a garantire nei suoi programmi la
tutela delle lingue minoritarie come il friulano e il sardo.