Non c’è pace per i giornalisti, ma soprattutto per la libertà di stampa che, nel nostro Paese, sta vivendo una delle più brutte stagioni di intimidazione e di censura. Mentre il Parlamento non si decide di intervenire, senza ritardi e remore, per mettere fine sia all’aberrante ipotesi di punire i giornalisti con il carcere, che alle querele temerarie o, peggio, alle minacce di querele, usate come strumento di intimidazione e di censura della libertà di stampa, dalle pieghe del diritto viene estratto ed adattato alla professione giornalistica uno dei reati più contestati ai delinquenti comuni col vizio del furto: la ricettazione.
Il caso del collega Agostino Pantano, imputato di aver “acquistato, ovvero ricevuto, notizie sottoposte al segreto di ufficio” è, infatti, l’ultima, paradossale, variante del bavaglio ai giornalisti con l‘aggravante del rischio di finire in galera con una condanna fino ad otto anni di reclusione. E ciò, paradosso dei paradossi, nonostante la decisione del Gip del Tribunale di Cosenza di archiviare il caso sia per l’insussistente diffamazione che per la diffusione di notizie coperte dal segreto d’ufficio, riconoscendo al giornalista il legittimo «esercizio del diritto di cronaca e di critica politica, sussistendone i presupposti di interesse pubblico, verità della notizia e continenza».
È chiaro che se il Parlamento tarda ad intervenire a garanzia del diritto di cronaca e di critica dei giornalisti, “senza limitazioni e censure”, l’autobavaglio preventivo più che un serio rischio finirà per essere molto presto un’inquietante regola non scritta.
All’indifferibile necessità di abolire il carcere per i giornalisti per il reato di diffamazione e di prevedere una chiara ed efficace normativa contro le querele temerarie ed i risarcimenti milionari, oltre a regolamentare l’informazione sul web, la normativa sul diritto all’oblio e gli obblighi di documentate controverità in caso di richiesta di rettifica, il Parlamento è chiamato, dunque, ad intervenire anche nei confronti della nuova “variante” rappresentata dalla ricettazione “di notizie”. Un reato assurdo per una professione deputata a riferire ai cittadini notizie, naturalmente vere, seppur scomode, che lapalissianamente – per essere tali – finiscono sempre per dar fastidio a qualcuno.
REGGIO CALABRIA, 5 marzo 2015
Da Giornalistitalia