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I giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo
Sentenze 06 Set 2017

Privacy, la Corte Edu: «Illegittimo controllare le mail di un dipendente sul posto di lavoro»

Secondo i giudici di Strasburgo, le comunicazioni sul posto di lavoro rientrano nel concetto di 'vita privata' e 'corrispondenza' tutelati dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo: «Un datore di lavoro non può ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato», spiegano.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito che monitorare le email e le altre comunicazioni elettroniche di un impiegato sul posto di lavoro equivale a una violazione del diritto ad avere una vita privata e una propria corrispondenza.

Nella sentenza su un ricorso presentato da un cittadino rumeno, licenziato dopo che il suo datore di lavoro aveva controllato le sue email e il suo contenuto, la Grande Camera della Corte di Strasburgo ha ribaltato una precedente sentenza e condannato la Romania per violazione dell'articolo 8 sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.  Secondo la Corte di Strasburgo, le autorità nazionali rumene non hanno protetto in modo adeguato il diritto al rispetto per la vita privata e la corrispondenza del lavoratore licenziato.

Il ricorrente, Bogdan Mihai Barbulescu, è un cittadino rumeno nato nel 1979 che vive a Budapest. Dal 1 agosto 2004 al 6 agosto del 2007 ha lavorato per un'impresa privata come ingegnere incaricato delle vendite e, su richiesta del datore di lavoro, aveva creato un account su Yahoo per rispondere alle richieste dei clienti.

Il 3 luglio del 2007, l'impresa aveva fatto circolare un avviso tra gli impiegati comunicando che l'uso di internet, telefono e fotocopiatrice per ragioni private poteva costituire una causa di licenziamento per ragioni disciplinari. Dieci giorni dopo il signor Barbalescu è stato convocato dal suo datore di lavoro, che lo ha accusato di aver usato l’account Yahoo per ragioni personali, cosa che ha portato al suo licenziamento il 1 agosto successivo.

Secondo la Corte di Strasburgo, le comunicazioni sul posto di lavoro rientrano nel concetto di "vita privata" e "corrispondenza" tutelati dall'articolo 8 della convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno dunque stabilito che "un datore di lavoro non possa ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato. Il diritto al rispetto per la vita privata e la privacy della corrispondenza – spiegano – continua a esistere anche se sono previste delle restrizioni sul posto di lavoro».

Per i giudici di Strasburgo, le autorità nazionali hanno il dovere di trovare un equilibrio tra interessi in competizione tra loro, in particolare il diritto del lavoratore al rispetto per la vita privata e quello del datore di lavoro di prendere misure al fine di garantire il corretto funzionamento dell'impresa. E, pur riconoscendo che il datore di lavoro possa limitare l'uso delle comunicazioni elettroniche sul posto di lavoro, la Corte ha stabilito che le autorità rumene non sono state in grado di determinare se il signor Barbulescu sia stato informato sulla natura e l'estensione del controllo a cui era stato sottoposto.

Tra le altre cose, il datore di lavoro avrebbe dovuto comunicare i controlli sui suoi impiegati prima di iniziare il monitoraggio sulle comunicazioni elettroniche. Secondo i giudici di Strasburgo, il monitoraggio è giustificato se serve a evitare che i sistemi di telecomunicazione della società siano danneggiati o che vengano condotte online attività illegali. Tuttavia non ci sono elementi che suggeriscano che il signor Barbalescu abbia esposto l'impresa per cui lavorava a questi rischi.

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