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Fnsi 04 Lug 2005

Previdenza complementare e Tfr La Fnsi segue con attenzione gli sviluppi del confronto tra governo e sindacati: "Verificheremo le migliori condizioni per i giornalisti" Marina Cosi, Presidente del FPCGI: “Il silenzio è fondo”

“La Federazione della Stampa segue con grande attenzione gli sviluppi del dibattito nel Governo e nel Parlamento ed il confronto che si va realizzando con le confederazioni sindacali sull’utilizzo del trattamento di fine rapporto nella previdenza integrativa.

“La Federazione della Stampa segue con grande attenzione gli sviluppi del dibattito nel Governo e nel Parlamento ed il confronto che si va realizzando con le confederazioni sindacali sull’utilizzo del trattamento di fine rapporto nella previdenza integrativa.

La Segreteria della Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica: “La Federazione della Stampa segue con grande attenzione gli sviluppi del dibattito nel Governo e nel Parlamento ed il confronto che si va realizzando con le confederazioni sindacali sull’utilizzo del trattamento di fine rapporto nella previdenza integrativa. La Segreteria della Fnsi ha promosso, d’intesa con il Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti, una serie di approfondimenti tecnici e operativi sul provvedimento per verificare le migliori condizioni a tutela degli interessi dei giornalisti. La questione sarà prossimamente al centro anche di una riunione della Giunta della Fnsi con i Presidenti degli organismi di categoria”. Il silenzio è fondo. Infatti il futuro Tfr, ossia soltanto la parte che maturerà dal primo gennaio 2006 in poi, emigrerà dalle casse dell’azienda confluendo nell’alveo “naturale” del fondo della categoria del lavoratore. Naturalmente se la categoria ha negoziato e poi contrattualizzato un fondo di previdenza complementare; ed è il nostro caso. Insomma chi tace, sino al prossimo 30 giugno, acconsente. L’alternativa è chiedere esplicitamente, sempre entro giugno, o di mantenere in azienda il Tfr maturando oppure di indirizzarlo altrove (ad esempio scegliendo sul mercato un fondo aperto o un piano d’investimento personale). Così recita il Testo unico di previdenza complementare varato il primo luglio dal Consiglio dei Ministri “in prima lettura”. Appunto: in prima lettura. Per questo ai colleghi che chiedono indicazioni consigliamo di attendere. Almeno sino all’autunno. Il decreto infatti non è, dichiaratamente, definitivo. Deve prima superare il vaglio delle parti sociali, che sono fortemente critiche, poi passare nelle Commissioni parlamentari competenti e quindi, a fine settembre se tutto va bene (data indicata dal ministro Maroni), tornare con una presumibile dote di emendamenti al Consiglio dei Ministri per la seconda lettura. Le obiezioni sono molte, tante quante gli enormi interessi in campo: 10 miliardi di euro l’anno (dei 14 miliardi complessivi del Tfr maturando), si valuta, destinati alla “pensione di scorta”. Al di là dell’ovvio interesse collettivo a varare una zattera di salvataggio soprattutto per la vecchiaia di quei lavoratori, oggi giovani, che “godranno” di pensioni più basse, costruite per lo più o col solo metodo contributivo e magari con occupazioni precarie, ci sono molti interessi divergenti. Il più evidente, nonché quello che ha fatto scattare l’allarme nel mondo del lavoro, è stata la scelta del Testo unico di mettere sullo stesso piano, concedendo ad esempio eguali agevolazioni fiscali, sia i fondi contrattuali sia le polizze assicurative. I primi nascono dalla trattativa collettiva di categoria, alcuni addirittura prima del 1993 (è il nostro caso), prevedono versamenti sia del lavoratore che del datore – questi ultimi spesso ampliati dall’integrativo aziendale -, non hanno fini di lucro e sono soggetti alle giustamente severe norme Covip. I secondi sono prodotti di banche e assicurazioni, legittimissimi, ma più costosi e per lo meno sinora meno redditizi, che si vorrebbe sottratti al controllo Covip e affidati all’Isvap. Ora, mentre sull’espansione del controllo Covip sembra esserci una disponibilità del Governo, ben più ardua si presenta la battaglia contro la parificazione dei diritti fra fondi di categoria e polizze aut similia. Una battaglia che i sindacati, e dunque anche la Fnsi, combattono a tutela degli interessi dei lavoratori, i quali pur restando sempre liberi di scegliere a chi affidare il proprio trattamento (e ci mancherebbe!), devono sapere quali costi e quali rischi comporta l’una o l’altra scelta. Sul sito del nostro Fondo, con rinvii anche sul sito Fnsi, troverete testo completo del Decreto primo luglio ed aggiornamenti continui sul confronto sindacale . MARINA COSI

@fnsisocial

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