In merito alle notizie inesatte diramate in questi giorni da alcuni organi di stampa l’Istituto Nazionale di Previdenza dei giornalisti italiani precisa:Il Regolamento dell’Inpgi non è stato messo in discussione dalla sentenza della Suprema Corte n. 28.529 del 4 novembre/1° dicembre 2008.
Il giornalista, capo redattore della sede Rai di Napoli, aveva esercitato l’opzione di restare in servizio presso la RAI in data 15 gennaio 1999, allorchè era ben lontano dall’aver maturato il requisito per ottenere la pensione di vecchiaia (dal 1° luglio 1998 al 31 dicembre 1999 tale requisito era pari a 64 anni e divenne di 65 anni a decorrere dal 1° gennaio 2000). E tale opzione, (effettuata in forza della Legge n.54/1982 e 503/1992) il giornalista aveva regolarmente notificato anche all’Inpgi il 18 gennaio del 1999. La Rai, non tenendo conto di detta scelta intimava al giornalista il licenziamento in data 30 settembre 1999, per aver riscontrato “la sussistenza dei presupposti di cui all’art.33 C.C.N.L.G. terzo comma“ e cioè il raggiungimento del 60° anni di età e il conseguimento di un’anzianità contributiva di anni 33. In buona sostanza, l’azienda radiotelevisiva pubblica contestava la tempestività dell’esercizio dell’opzione da parte del giornalista, ritenendo che egli avrebbe dovuto operarla entro sei mesi dal compimento dei 57 anni di età, allorchè aveva raggiunto i 360 contributi mensili. E ciò sulla base dell’assunto che il comma 2 del Regolamento previdenziale dell’Inpgi, riferito all’epoca prevedeva il diritto a pensione di vecchiaia anticipata in presenza di almeno 360 contributi mensili. Detto licenziamento è stato dichiarato illegittimo dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), i quali hanno ritenuto che – ai fini dell’opzione – deve farsi riferimento alla pensione di vecchiaia da ottenersi in via ordinaria e non in via anticipata. Il giornalista, quindi aveva tempestivamente esercitato il suo diritto di opzione, avendo presentato la relativa istanza ben prima dei sei mesi antecedenti il compimento del suo sessantesimo anno di età. L’esercizio del diritto, così come avvenuto, ha reso inapplicabile la norma collettiva (art.33 del C.N.L.G.) invocata dalla RAI ed ha garantito al giornalista la stabilità nel posto di lavoro fino al 65° anno di età. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della RAI confermando – quindi – la sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Dette sentenze hanno ritenuto inapplicabile alla fattispecie l’art.33 del C.N.L.G. ma non hanno mai statuito nulla contro il Regolamento di previdenza dell’Istituto. Roma, 3 dicembre 2008