Dopo i primi tre giorni di sciopero proclamati dall’Assemblea dei giornalisti dei Periodici San Paolo, prosegue il confronto tra i redattori e l’editore. Riportiamo di seguito i comunicati pubblicati sugli ultimi numeri di Famiglia Cristiana e Credere, la risposta dell’azienda all’annuncio dello sciopero e la controreplica dei giornalisti.
I giornalisti della Periodici San Paolo: «Ecco perché abbiamo proclamato lo sciopero»
Cari lettori,
tutti noi giornalisti laici della Periodici San Paolo, editore delle testate Famiglia Cristiana, Credere e Jesus, da giovedì 29 giugno abbiamo deciso di proclamare tre iniziali giornate di sciopero. Questo ha comportato per diversi giorni il mancato aggiornamento del sito di Famiglia Cristiana e l’assenza di qualunque contributo e delle firme di noi giornalisti nei servizi pubblicati sui numeri di Famiglia Cristiana e Credere che avete tra la mani.
La proclamazione dello sciopero è una decisione molto grave che ha pochissimi precedenti nella storia dei nostri giornali.
Siamo arrivati a questo punto perché denunciamo, ormai da tempo, un progressivo deterioramento dei rapporti con i vertici aziendali. Nei giorni scorsi l’azienda ha compiuto un atto unilaterale gravissimo nei confronti di noi giornalisti e di tutti i dipendenti della Periodici San Paolo che rischia di compromettere definitivamente la qualità del nostro lavoro a servizio di voi lettori, la nostra professionalità e anche il posto di lavoro nonché la serenità delle nostre famiglie.
Tutti noi abbiamo ben presente la situazione difficile in cui versa l’azienda e tutto il comparto editoriale in Italia e per questo, senza tema di smentita, abbiamo dimostrato in questi anni massima disponibilità a collaborare, facendo pesanti sacrifici anche economici e dialogando con i vertici aziendali al fine di poter proseguire il nostro lavoro.
Non possiamo fare a meno di osservare però che, a fronte di una crisi che ha investito tutto il mondo dell’editoria, altre aziende l’hanno affrontata non solo con i tagli ma avviando iniziative, lanciando prodotti e nuovi modi di fare comunicazione sul territorio.
Il nostro Editore, invece, ha saputo solo agire sul taglio dei costi senza avviare progetti adeguati per il futuro e in grado di mantenere alti il prestigio, la qualità e la tempestività dell’informazione che vi proponiamo da oltre ottant’anni ed è diventata un punto di riferimento per la Chiesa e la società italiane.
Il Comunicato dell’azienda
Cari lettori, i giornalisti di Periodici San Paolo hanno preso la “decisione molto grave” di proclamare “tre iniziali giornate di sciopero”. Con franchezza vogliamo condividere con voi la situazione.
Tutto il comparto editoriale in Italia è fortemente in crisi e anche la nostra azienda ne subisce i pesanti contraccolpi. La nuova legge varata recentemente dal Governo sull’Editoria non ha facilitato la ricerca di soluzioni, anzi ha aggravato la situazione elevando i requisiti per i pensionamenti anticipati dei giornalisti (portandoli da 18 a 25 anni di contribuzione), riducendo i contributi e introducendo forti limitazioni all’utilizzo degli ammortizzatori sociali.
Queste modifiche di legge riducono le possibilità di gestire al meglio la crisi di Periodici San Paolo. Inoltre, nei mesi di gennaio e febbraio 2018 scadranno anche gli accordi interni che regolano attualmente l’applicazione degli ammortizzatori sociali.
È doveroso compito dei vertici affrontare responsabilmente tutte le questioni decisive per il risanamento dell’azienda. È in questa ottica che sono stati messi sul tavolo anche gli accordi di secondo livello attualmente in essere, procedendo con una loro disdetta al fine di avviare una specifica trattativa sindacale finalizzata alla stipula di un nuovo accordo condiviso e compatibile con le mutate esigenze del contesto normativo, economico, finanziario e di mercato nel quale dobbiamo operare.
Tale disdetta ha determinato la decisione dell’Assemblea dei Giornalisti di proclamare lo sciopero ritenendola un “atto unilaterale e gravissimo” nei loro confronti. Come ragionato e più volte fatto presente durante gli incontri, si tratta di un atto formale, dovuto. L’azienda non ha mai dimenticato che i sacrifici comuni del datore di lavoro e dei lavoratori hanno permesso il superamento di momenti difficili, attraverso il dialogo, il confronto, la contrattazione tra le parti. Anche in questo caso vuole seguire lo stesso criterio. Proprio per questo ha fin da subito invitato tutte le parti a calendarizzare una serie di incontri che dal prossimo settembre alla fine del 2017 permettano di concretizzare questo percorso fatto insieme.
Indipendentemente, comunque, dalla presa di posizione dell’Assemblea dei giornalisti, l’azienda ribadisce la volontà di portare a termine l’azione di risanamento al fine di assicurare un futuro stabile. Ma per raggiungere questo obiettivo ritiene indispensabile il contributo e la collaborazione di tutte le parti in causa.
La risposta dei giornalisti: «Non giochiamo con le parole»
In riferimento al comunicato aziendale del 29 giugno 2017, i giornalisti della Periodici San Paolo ritengono di dover precisare che la disdetta dell’accordo di secondo livello e di tutti gli accordi successivi (che non sono modifiche né integrazioni perché la stessa azienda si è sempre rifiutata di aggiornare da oltre dieci anni a questa parte il contratto integrativo in vigore) non è un atto “prettamente formale”, ma sostanziale: è un atto gravissimo nel merito, come pure nel metodo con il quale è stato deciso e comunicato.
Di fatto, i vertici della Periodici San Paolo pensano di poter chiedere ai giornalisti, come pure a tutti gli altri dipendenti, di avviare una trattativa mettendo una pistola carica sul tavolo.
Come abbiamo scritto nella comunicazione con cui abbiamo proclamato lo sciopero, siamo pronti a trattare e discutere su tutto, ma solo quando quella pistola sarà tolta dal tavolo.
Conosciamo bene i sacrifici dei giornalisti e degli altri dipendenti della Periodici per uscire dalla crisi: quasi quattro anni di solidarietà e cassa integrazione, di vicedirettori costretti a dimettersi o collocati in cassa integrazione a zero ore, di un’intera redazione piegata a una pesantissima decurtazione dello stipendio per evitare il licenziamento di sette colleghi. Conosciamo cos’è accaduto agli impiegati non giornalisti: cassa integrazione fino al 50, 70 e anche 100 per cento, con casi di persone che sono state messe letteralmente su una strada.
Riteniamo sia da irresponsabili innescare, ora, una nuova escalation di tensioni fra dipendenti, redazioni e vertici della Periodici in un momento tanto delicato per il nostro presente e per il nostro futuro. Le crisi si superano con l’ingegno e l’impegno di tutti, con il fare squadra e con il coinvolgimento di tutte le componenti. Non con la mortificazione e lo scontro, non tagliando stipendi e togliendo serenità ai giornalisti, ai dipendenti e a tutte le loro famiglie.
Se sono vere e sincere le parole contenute nel comunicato aziendale richiamato sopra, se è vero che la volontà è quella di dare un futuro più certo a tutti, allora l’azienda dimostri con i fatti di volere veramente il bene di tutti: ritiri l’atto unilaterale (la pistola sul tavolo di cui sopra) e si fissi di comune accordo la fitta serie di incontri a cui fa cenno. Né noi né – ne siamo certi – la componente non giornalistica si tirerà indietro.