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La bandiera olimpica (Foto: olympics.com)
Cpo-Fnsi 05 Ago 2024

Parigi 2024, Cpo Fnsi: «I cronisti usino un linguaggio rispettoso nel raccontare donne e sport»

Le commissioni Pari Opportunità della Federazione della Stampa, di Usigrai e dell’Odg con GiULiA giornaliste: «Le atlete siano rispettate e valorizzate».

«Ancora una volta, con le Olimpiadi di Parigi si vede come donne e sport sono per l’informazione un terreno pieno di ostacoli e trappole. Per le donne». Lo denunciano le commissioni Pari Opportunità di Fnsi, Usigrai e Odg con GiULiA Giornaliste in un comunicato diffuso lunedì 5 agosto 2024, in cui rilevano nella narrazione dei Giochi «fake news e notizie non sufficientemente controllate che danno sponda agli haters, sottovalutazione dei risultati sportivi quando non espressioni decisamente sessiste e l’uso di un linguaggio che nega le atlete»

Le commissioni e GiULiA Giornaliste proseguono: «Nella gara di beach volley abbiamo sentito ripetere, a proposito delle nostre atlete, “giocatore a muro, giocatore di difesa”. Donne sempre chiamate per nome (e i cognomi?) fino al trionfo della banalità sessista, nei confronti della squadra italiana che ha vinto l’oro nella spada: “L’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa, e la mamma” (nella vita vera si chiamano Mara Navarria, Rossella Fiamingo, Giulia Rizzi e Alberta Santuccio)».

Il paragone con quanto accade in altri Paesi evidenzia che «altrove la pagano cara: il commentatore di Eurosport è stato estromesso all’istante dal pool delle Olimpiadi per una battuta sessista (a proposito del ritardo nel raggiungere il podio delle nuotatrici australiane: “Sai come sono le donne… saranno a truccarsi”). Senza arrivare a tanto, l’invito alle colleghe e ai colleghi delle giornaliste organizzate nel sindacato (Cpo Fnsi e Usigrai), con la Cpo dell’Ordine e con l’associazione GiULiA giornaliste è quello di rispettare e valorizzare le atlete, arrivate al traguardo di Parigi che è già, in sé, una vittoria».

Le Cpo e GiULiA Giornaliste parlano poi del tema scottante relativo alla cronaca dell’incontro di boxe tra Angela Carini e Imane Khelif, che «tutto ha dimostrato fuorché spirito sportivo da parte dei giornali. Abbiamo aspettato giorni perché anche i nostri giornali scrivessero correttamente la cronaca: che Imane Khelif è una pugile. È una donna, lo è sempre stata, lo è anche per il Cio, come ha ribadito Thomas Bach. Non è un "pugile algerino", non è "un uomo che prende a pugni una poliziotta italiana", non è “un trans”, citando solo alcuni dei titoli e dei contenuti dopo il match con Angela Carini».

Le Cpo Fnsi, Odg e Usigrai e GiULiA giornaliste ricordano che «il linguaggio rispettoso del genere, come previsto dall'articolo 5 bis del testo unico deontologico, e sottolineato anche nel Manifesto di Venezia, è garanzia di buona informazione». Ciò che si ritrovano a segnalare, invece, è «un racconto costruito su fake news, che ha generato e continua a generare parole di odio, attacchi, aggressioni verbali, delegittimizzazioni, bodyshaming, manipolazioni narrative spesso a uso e consumo della politica. Una violenza che non deve appartenere a chi ha il compito di comunicare bene e non deve mai far prevalere l’ideologismo e la strumentalizzazione. Le Cpo e GiULiA evidenziano che chi ha il compito di raccontare non deve mai trasformare le parole in sterili e pericolosi esercizi di razzismo, di sessismo, di svalutazione. Di una donna, in questo caso, di qualunque persona sempre».

@fnsisocial

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