Come stanno raccontando la guerra in Ucraina i media italiani? Nella maggior parte dei casi dando poco o nessuno spazio alle voci critiche nei confronti della narrazione mainstream, a danno del pluralismo, «che è termometro della libertà dell'informazione in una democrazia», e dunque della stessa democrazia. Questa la posizione di Michele Santoro, che nella sede della Fnsi, con Marco Tarquinio e Sabina Guzzanti, ha presentato martedì 17 maggio 2022 l'appello al Parlamento e ai media di un gruppo di giornalisti, artisti e intellettuali «sinceramente convinti che la decisione di inviare armi in Ucraina sia una scelta sbagliata».
Però, ha rilevato Santoro, in particolare sulle reti del servizio pubblico di spazio per poter esprimere questa posizione, o un generale dissenso, non ce n'è. Eppure «i sondaggi dicono che metà dell'opinione pubblica italiana è contraria all'invio armi. La Rai per quel Contratto di servizio che ha con italiani dovrebbe essere obbligata a tutelare il pluralismo e dunque a dar voce anche a chi è contrario all'invio di armi in Ucraina. Cosa che non avviene e per questo noi chiediamo un riequilibrio», la sostanza dell'appello.
Un approccio diverso nel racconto della guerra da parte del sistema dell'informazione è arrivato anche dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che ha denunciato un «conformismo bellico mai visto nella stampa italiana con questa intensità» e ribadito la richiesta al servizio pubblico di raccontare di più la cronaca della guerra. Mentre Sabina Guzzanti ha evidenziato, fra l'altro, «un appiattimento sul pensiero dominante che non c'era all'epoca della guerra del Golfo» e rimarca che «il Covid ci ha abituato a un linguaggio di propaganda insopportabile».
In sintesi, «in questo momento non ho la percezione di una informazione libera in Italia – la conclusione di Santoro – eppure ci rifiutiamo di riflettere sullo stato salute della nostra democrazia, che, a cominciare dal livello di libertà informazione, non mi pare buono».