''L'agguato ha un odore. Ha l'odore del sangue''. Franco Piccinelli oggi ha 79 anni. Nell'aprile 1979 era un giovane cronista del Tg2 che lavorava presso la sede di Torino. Erano gli anni di piombo. E anche il giornalista diventò una vittima delle Brigate rosse. Per fortuna i sei colpi di pistola non lo uccisero, ma i segni di quelle pallottole che lo colpirono ai polpacci e all'inguine sono ancora visibili. Piccinelli racconta oggi, con calma ma tanta emozione, quell'agguato ''dall'odore del sangue''. Lo fa nella Sala gialle del Palazzo dei Normanni a Palermo, sede del più antico Parlamento in europa durante la commemorazione della Giornata di memoria dei giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo, organizzata dall'Unci, dall'Assostampa, dall'Ordine dei giornalisti.
''Io non mi sento vittima di qualcosa - ha detto ancora Piccinelli - anzi le vittime sono state coloro che mi hanno saparato, sono state vittime della loro stessa idiozia''. Ad ascoltarlo in sala c'è anche il figlio dell'anziano cronista. Si chiama Paolo Piccinelli ed è il colonnello che oggi dirige il Reparto operativo dei Carabinieri di Palermo. ''Mio figlio aveva 10 anni allora e quel giorno mi disse: 'papà, voglio fare da grande il Carabiniere perché voglio punire chi ti ha fatto del male'. Oggi è qui e io gli sono davvero grato per la strada che ha voluto scegliere''. Quel 23 aprile di 33 anni fa Piccinelli rischiò davvero di morire.
''Per fortuna - racconta lo stesso cronista come se stesse parlando di un'altra persona - le quattro pallottole che mi colpirono al femore non recisero l'arteria femorale. Solo per questo oggi sono ancora vivo''. E racconta con ironia che se è sopravvissuto è però anche ''grazie al vino rosso che mi venne portato in ospedale dalle Langhe. Perché il vino rosso rinforza le ossa''.
Nella Sala gialla di Palazzo dei Normanni, con il Presidente dell'Ars, Francesco Cascio che fa gli onori di casa, ci sono anche tanti familiari di giornalisti vittime della mafia. Come Sonia Alfano, eurodeputata e Presidente della Commissione antimafia Ue solo da pochi giorni, presente con la madre e il fratello. Quasi vent'anni fa Cosa nostra uccise il padre, Beppe Alfano, cronista de 'La Sicilia'.
In seconda fila c'è anche Franca De Mauro, figlia di Mauro De Mauro, il giornalista de L'Ora ucciso il 15 settembre del 1970 e il cui corpo non venne mai fatto trovare, e ancora Elena Fava, figlia di Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia a Catania 29 anni fa. C'è anche Alberto Spampinato, giornalista Ansa, fratello di Giovanni Spampinato, giovanissimo cronista de L'Ora ucciso a Ragusa il 27 ottobre del 1972.
E c'è anche Maria Falcone. Oltre ai rappresentanti dei vertici militari e del giornalismo.
Franca De Mauro ammonisce dal microfono che ''bisogna lottare sempre per la libertà di stampa e vigilare affinché non vengano introdotte leggi. Un paese in cui la stampa non è libera non è un paese democratico''. Ed Elena Fava, figlia di Giuseppe Fava, ricorda che oggi ''vivo a Catania, in una città in cui regna la disinformazione. Mio padre indusse i catanesi a pensare e a sapere che la mafia non era solo a Palermo''.
Il colonnello Piccinelli ha letto poi i nomi delle vittime di mafia e terrorismo nel giornalismo: da Mario Francese a Mauro De Mauro, da Carlo Casalegno a Giancarlo Siani, da Peppino Impastato a Giuseppe Fava, da Cosimo Cristina a Mauro Ristagno e ancora Giuseppe Alfano, Walter Tobagi, Giovanni Spampinato. E anche i foto-reporter e cameraman uccisi guerra, o ancora il tipografo del 'Messaggero' di Roma, Maurizio Di Leo, ucciso dai terroristi per errore perché scambiato con un giornalista.
''La Sicilia con 8 cronisti uccisi ha pagato il tributo più alto''. Sono le parole del Presidente Unci Sicilia, Leone Zingales.
''Questa manifestazione avviata su iniziativa del gruppo siciliano dell'Unci era davvero doverosa''. E ha annunciato che proprio oggi il commissario straordinario del Comune di Palermo Luisa Latella ha fatto sapere che Palermo dedicherà un piazzale alla libertà di informazione''.
Presenti alla manifestazione anche il presidente nazionale dell'Unci, Guido Columba e il segretario nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, Giancarlo Ghirra. Molto forte l'intervento di Alberto Spampinato, fratello di Giovanni che denuncia: ''La memoria di mio fratello è stata umiliata proprio di recente – ha detto - Sembra che ci sia un lavoro attivo nel cancellarla. Non è giusto lasciare a noi familiari delle vittime il compito di far conoscere le loro testimonianze, ma espone molto al rischio di agire per interessi privati e pesa la disattenzione e indifferenza. Spero che il nostro Paese faccia di più, specie la Sicilia''.
Lo stesso Spampinato ha anche sollecitato la realizzazione di ''un centro di documentazione sui giornalisti uccisi e minacciati dove poter consultare documenti e inchieste''. Maria Falcone, nel suo intervento, ha ribadito: ''La mafia vuole il silenzio - la nostra storia va spiegata ai giovani. Giovanni diceva: la repressione da sola non basta, bisogna cambiare la società. La nostra speranza sono i giovani''. La giornata è iniziata alle 8.30 con una visita al Giardino della Memoria di via Ciaculli, inaugurato nel 2006 per ricordare le vittime di mafia e dove sorgerà un museo dell'antimafia e della legalità. (PALERMO, 3 MAGGIO - ADNKRONOS)