CERCA
Cerca nelle notizie
Dal
Al
Cerca nel sito
Fnsi 03 Dic 2002

Osservazioni della Fnsi e dell’Usigrai al disegno di legge Gasparri

Osservazioni della Fnsi e dell’Usigrai al disegno di legge Gasparri

Osservazioni della Fnsi
e dell’Usigrai
al disegno di legge
Gasparri

OSSERVAZIONI DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA E DELL’UNIONE SINDACALE GIORNALISTI RAI AL DISEGNO DI LEGGE N. 3184 SULL’ASSETTO DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO E DELLA RAI SPA Art. 2 La norma definisce nel punto G) il “sistema integrato delle comunicazioni”. In tale sistema vengono ricompresi segmenti produttivi che attengono alla informazione e segmenti produttivi, come l’editoria libraria, le imprese di produzione e di distribuzioni cinematografiche, le imprese fonografiche ecc., che non hanno stretta attinenza con l’informazione. L’allargamento del concetto di “sistema integrato delle comunicazioni” rischia di produrre conseguenze deformanti laddove viene richiamato per individuare le “posizioni dominanti”. Le dimensioni di un sistema integrato delle comunicazioni, così definito, rendono di estrema difficoltà il calcolo della sua quantificazione e, di conseguenza, estremamente difficoltosa l’individuazione delle “posizioni dominanti”. Art. 3 I principi fondamentali posti alla base del sistema radiotelevisivo dal disegno di legge sono certamente condivisibili ma appaiono contraddittori con i precetti dello stesso DDL N. 3184 e sono sostanzialmente inapliccabili in carenza di una regolamentazione legislativa sul conflitto di interessi davvero efficaci che non può non raccordarsi con una legge di riforma del sistema radiotelevisivo. Art. 4 L’articolata elencazione delle garanzie degli utenti pone il quesito di quale soggetto debba garantirne la verifica e l’applicazione, attraverso quali strumenti e con quali equilibri. In particolare per quanto riguarda il punto e) relativo alla rettifica, ferma restando la necessità di richiamare il ruolo di responsabilità del direttore di testata, si rende necessario raccordare la disposizione con la generale normativa in vigore e con le ipotesi di modifica del reato di diffamazione a mezzo stampa allo studio. Art. 6 Il primo comma dell’articolo stabilisce il principio che l’attività di informazione radiotelevisiva, da qualsiasi emittente sia effettuata, costituisce un pubblico servizio. La codificazione legislativa di questo principio potrebbe avere conseguenze in ambiti diversi. Potrebbe, per esempio, far rientrare tutta l’emittenza privata nell’ambito di applicazione della normativa sul controllo del diritto di sciopero nei servizi pubblici. Potrebbe, per altro verso, autorizzare l’emittenza radiotelevisiva privata alla richiesta di una quota di canone. Per quanto riguarda i punti c) e d), relativi alla par condicio e al diritto di intervento degli organi costituzionali, la norma rimanda alla legge. Non si comprende se questo rimando faccia riferimento alla legislazione in atto o se implichi l’obbligo ad un nuovo intervento legislativo in materia. Nel comma 5 dello stesso articolo non si comprende quali possano essere, oltre il canone e i contratti con le pubbliche amministrazioni, le “altre forme di finanziamento pubblico”. Art. 11 La norma chiama l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a verificare che non si costituiscano posizioni dominanti. In merito si richiamano le osservazioni formulate sul punto g) dell’articolo 2. Art. 12 La norma prevede che a regime, ovvero quando sia completamente attuato il piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, nessun soggetto potrà essere titolare di autorizzazione che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi o radiofonici. Si pone il quesito di quali siano i limiti nella fase di sperimentazione. Art. 13 La norma introduce il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati. E prevede un “tetto” del 20% delle risorse complessive del settore integrato delle comunicazioni. Si sottolinea la spropositata ampiezza del “tetto” previsto, superiore a 4 miliardi di Euro (tra 5 e 6 miliardi di Euro). Un limite che consente a qualunque soggetto enormi possibilità di ampliamento della propria capacità di controllo in un singolo settore o a livello multimediale. Art. 14 Nella delega al Governo per l’emanazione del codice per la radiotelevisione si prevede (comma 2) che le Regioni esercitino potestà legislativa concorrente in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito regionale e provinciale. Alla luce dell’esperienza di tutti questi anni sorge automatico il dubbio che la moltiplicazione di contratti di servizio a livello regionale rischi di aumentare l’ingerenza dei poteri politici locali nei confronti del servizio pubblico e di alimentare quei problemi di insufficiente autonomia che già affliggono la RAI nei confronti dei poteri nazionali. Art.15 (nel comma 2, punto b) tra i programmi che il servizio pubblico deve garantire non si fa menzione, in un elenco pur dettagliato, di intrattenimento, fiction, sport; è inoltre espressamente scomputato l’intrattenimento per i minori. C’è una ragione per queste esclusioni? Si rischia di far allontanare la Rai da offerte di grande presa sul pubblico, con prevedibili conseguenze sugli ascolti. Peraltro il Contratto di Servizio che Ministero della Comunicazione e Rai stanno per firmare sottolinea assai opportunamente che l’offerta del servizio pubblico deve coprire tutti i generi. (Nel comma 2, punto n)Si parla del compito del servizio pubblico di guidare il passaggio al digitale terrestre, ma né qui, né nell’articolo successivo dedicato al finanziamento della Rai si affronta il problema delle risorse economiche necessarie. E’ un problema che lo stesso vertice Rai ha posto alle Commissioni, nell’audizione del 19 novembre scorso (il Direttore Generale Saccà ha affermato che “il digitale non renderà almeno per i prossimi 10-12 anni”). Art. 17 La norma prevede che i contratti di servizio con le Regioni tengano conto anche dei parametri di qualità del servizio. Si pone il quesito di chi e di come tali parametri di qualità possano essere verificati. Art. 18 Prevede l’elezione del Consiglio di Amministrazione della RAI (che passerebbe a nove membri) da parte dell’assemblea dei soci che, attualmente, non può che essere composta dai rappresentanti del Governo. L’ipotesi di privatizzazione e di controllo della RAI da parte di una pubblic company non ha termini di scadenza. In questo quadro il presidente del consiglio di amministrazione sarebbe eletto dai nove componenti del CDA e l’elezione avrebbe efficacia dopo un voto con maggioranza di 2/3 da parte della commissione parlamentare di vigilanza. E’ evidente che il voto della commissione non avrebbe nessun potere di ingerenza nelle scelte di merito effettuate, dovrebbe limitarsi a verificarne la legittimità delle procedure e la rispondenza dei titoli richiesti dalla legge per il designato presidente. La votazione per liste nell’assemblea dei soci e il diritto del Ministero dell’Economia (sia pure in base di una determinazione dei presidenti delle Camere, che, come esperienza insegna, possono appartenere entrambe alla maggioranza di Governo) di presentazione di una lista di candidati fanno emergere il dubbio che per un tempo infinitamente lungo e comunque non definito il consiglio di amministrazione della RAI finisca per essere di fatto espressione del Governo in carica. Art. 19 il DDL obbliga alla trasformazione della Rai in una holding spa attraverso una fusione per incorporazione. Le quote di partecipazione dello Stato vengono alienate mediante una offerta pubblica di vendita. Lo Stato aliena tutte le quote, oppure mantiene una partecipazione? Parrebbe una totale privatizzazione, ma poi si stabilisce un limite massimo di partecipazione ai privati dell’uno per cento e del 2 per i soggetti privati che si associano. E’ vietata la cessione di rami d’azienda fino al 31 dicembre 2005. La Rai è privatizzata, diventa una public company, ma non consentono in teoria scalate alla proprietà reale. C’è una contraddizione evidente. Art. 21 La sperimentazione delle trasmissioni in tecnica digitale risulta difficoltosa a causa dell’attuale occupazione delle frequenze terrestri da parte di soggetti (tele+ grigio, rete 4) che da tempo avrebbero dovuto trasferirsi su frequenze satellitari.

@fnsisocial

Articoli correlati