“Di Pietro, come si dice dalle mie parti, ha fatto acqua fuori dal vaso. L’Ordine dei Giornalisti che vuole abolire con furia non è quello di Mussolini ma quello di Gonella, costituito 45 anni fa da un’idea base di Aldo Moro, due democratici veri, seri, uomini rimpianti della vita costituzionale repubblicana.
Da Beppe Grillo, che è un comico, parole fuori dalla verità sono comprensibili anche se restano le parole di un daltonico. Prima di spararle grosse, occorre conoscere bene la storia e i fatti e avere la sapienza di incidere sulle cose che non vanno, a cominciare, in questo caso dai meccanismi e dalle procedure dell’Ordine, che dopo 45 anni hanno fatto il loro tempo e non reggono più. Ma riformare è cosa più seria che sparare nel mucchio e cercare effetti speciali e risonanza mediatica. Dell’Ordine di Mussolini siamo vittime e martiri e, giustamente, la Repubblica l’ha abrogato. A quello di Mussolini, certamente pensava Einaudi, quando, nel suo contesto, si dichiarò contrario alla riedizione dell’Ordine professionale dei giornalisti. Quell’Ordine non appartiene alla cultura centenaria dei giornalisti della Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Era l’Ordine di un regime basato sulla propaganda e non sull’informazione. Era l’Ordine che si macchiò dell’orrenda colpa di collaborazionismo nell’applicazione delle leggi razziali, segnalando ai prefetti del regime, per poi cancellarli dall’albo, tra il 1938 e il 1939, i giornalisti ebrei, privandoli così anche del diritto al loro lavoro. Nel 2008 c’è un Ordine dei Giornalisti, che ha tanti difetti di funzionamento causati da una politica capace solo di fare antipolitica sull’argomento anziché di fare le indispensabili riforme. Ma c’è un ordinamento della professione del giornalista che, nella parte fondamentale dei principi, come per la prima parte della Costituzione repubblicana, è e deve restare intangibile: “E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori. Così recita l’articolo 2 della legge Gonella del 1963, un presidio di autonomia e di libertà anche per l’on.le Di Pietro. E lui, che abbiamo anche apprezzato in tante battaglie contro poteri pericolosi e inquinanti e contro i bavagli, dovrebbe sapere più di ogni altro che, nel tempo attuale, far cadere l’Ordine con un colpo di spugna senza un’idea di libertà garantita da un sistema di chiara legalità, significherebbe consegnarsi a poteri assoluti. Diciamolo chiaro: sfidiamo lui e tutta la politica alla riforma, ma Di Pietro stavolta, con il suo urlo mediatico, non ci ha proprio azzeccato.