Giulio Regeni era anche un collaboratore del Manifesto. Con le sue inchieste tentava illuminare le periferie della legalità in Egitto, Paese dove la tortura e le incarcerazioni “facili” sono all’ordine del giorno. “Era un ragazzo che aveva nel cuore la curiosità”, scrive il presidente Giulietti. “Si faccia luce sulla vicenda di Giulio – chiede la Fnsi – ridando voce alle inchieste”.
Di Giuseppe Giulietti
Giulio era un ragazzo che aveva nel cuore la curiosità, la voglia di "illuminare
le periferie del mondo", di raccontare agli altri le oscurità e le
contraddizioni di una realtà, quella egiziana, dove la soppressione dei diritti
politici e civili sta diventando la norma.
Nelle carceri di quel paese sono confinati intellettuali, scrittori, attivisti
e giornalisti sgraditi al potere.
Giulio Regeni, oltre a studiare, collaborava con il quotidiano il Manifesto e,
sotto pseudonimo, aveva scritto alcuni pezzi dedicati proprio al malaffare,
alla corruzione, alle complicità tra delinquenti e potere politico. Prima di morire
sarebbe stato torturato.
Le versioni ufficiali sono talmente piene di contraddizioni e di omissioni che,
anche una parte della stampa egiziana, si sta interrogano sulle possibili
verità.
Il governo italiano, con il ministro Gentiloni, ha chiesto che sia fatta
chiarezza, perché le ricostruzioni egiziane non convincono neppure la nostra
rappresentanza istituzionale.
Per questo ci sembra giusto e doveroso unire la nostra voce a chi sta chiedendo
verità e giustizia per Giulio Regeni, uno che credeva davvero nei valori
racchiusi nell'articolo 21 della Costituzione.
Da parte nostra chiederemo anche alle organizzazioni internazionali dei
giornalisti di condurre un inchiesta sul campo per impedire che, passata
l'emozione, cali il silenzio sulla tragedia.
Regeni: Fnsi, troppe oscurità, chiediamo verità e giustizia
Ridare voce alle inchieste di Giulio e illuminare il suo percorso
«Vogliamo unire anche la nostra voce a quelle di chi, anche in queste ore, sta
chiedendo verità e giustizia per Giulio Regeni, un giovane che aveva nel cuore
il desiderio di “illuminare” le periferie e di raccontare le oscurità e il
malaffare». Lo affermano in una nota il segretario generale e il presidente
della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
«Sono ancora troppe le contraddizioni e le oscurità nelle versioni fornite
dalle autorità egiziane. E del resto – proseguono i vertici della Fnsi – sarà
bene non dimenticare che, come più volte denunciato da Amnesty International,
in Egitto è largamente praticata la tortura e le carceri egiziane “ospitano” decine
di intellettuali, scrittori, giornalisti e oppositori politici dell’attuale
regime. Dal momento che uno dei possibili moventi dell’assassinio di Giulio
Regeni, collaboratore del Manifesto, potrebbe essere collegato proprio alle
inchieste da lui realizzate in Egitto, sarebbe importante ridare forza e voce a
quelle inchieste e ripercorrere, anche mediaticamente, il suo percorso, in modo
da illuminare a giorno la vicenda professionale e umana di Giulio e
“costringere” le autorità egiziane a ricercare davvero fino in fondo verità e
giustizia». (Ansa – Roma, 5 febbraio 2016)