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Giudiziaria 20 Feb 2007

Omicidio Maria Grazia Cutuli: domani udienza preliminare per sei imputati

Arriva in udienza preliminare l'inchiesta sull'omicidio della giornalista del Corriere della sera Maria Grazia Cutuli, uccisa il 19 novembre del 2001 in Afghanistan, sulla strada Kabul-Jalalabad nel distretto di Sarobi. Domani, al vaglio del gup Laura Di Girolamo ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio firmata dal procuratore aggiunto della capitale, Italo Ormanni, nei confronti di sei persone: Mar Jan, il cugino Miwa Jan, Mohmmad Taher Fedai, Reaza Khan, Mamur Gol Feiz e Zar Jan.

Arriva in udienza preliminare l'inchiesta sull'omicidio della giornalista del Corriere della sera Maria Grazia Cutuli, uccisa il 19 novembre del 2001 in Afghanistan, sulla strada Kabul-Jalalabad nel distretto di Sarobi. Domani, al vaglio del gup Laura Di Girolamo ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio firmata dal procuratore aggiunto della capitale, Italo Ormanni, nei confronti di sei persone: Mar Jan, il cugino Miwa Jan, Mohmmad Taher Fedai, Reaza Khan, Mamur Gol Feiz e Zar Jan.

I reati contestati sono quelli di rapina "perché, in concorso tra loro e con altri allo stato non identificati, adoperando violenza e minaccia con armi, per procurarsi un ingiusto profitto, si impossessavano di oggetti personali appartenenti a Maria Grazia Cutuli tra i quali una radio, un computer, una macchina fotografica", e di omicidio volontario per aver procurato la morte della giornalista, subito dopo averla derubata, "esplodendo contro di lei colpi di arma da fuoco". L'approdo alla richiesta di rinvio a giudizio rappresenta il risultato di un intenso impegno del procuratore aggiunto Ormanni che ha dovuto ricorrere più volte alle decisioni del tribunale del riesame e della cassazione per ottenere l'emissione di ordinanze di custodia in carcere negate dal gip. L'ultimo passaggio in ordine di tempo è la pronuncia, a luglio del 2005, dei giudici della libertà che hanno accolto la richiesta del magistrato di misure cautelari per Reaza Khan e Mamur Gol Feiz che erano state respinte dal giudice per le indagini preliminari sulla base di una pronuncia del 2003 con cui la cassazione aveva detto no all'arresto di altri tre presunti componenti della banda (Miwa Jan, Mar Jan e Mohmmad Taher Fedai) perché non presenti sul territorio italiano. La procura ha evidenziato, invece, davanti al riesame che il gip aveva ignorato un secondo provvedimento della suprema corte del 2004 in cui veniva disposto il carcere per i tre alla luce del riconoscimento del movente politico del delitto Cutuli, circostanza che fa sì che non sia necessario che gli indagati si trovino nel nostro paese. Proprio sulla scia del riconoscimento del movente politico per l'omicidio Cutuli, si è già instaurato nella capitale un altro processo contro un imputato straniero non presente in Italia: il soldato Usa, Mario Lozano, accusato della morte del funzionario del Sismi, Nicola Calipari, e di duplice tentato omicidio, in relazione al ferimento della giornalista del 'Manifesto', Giuliana Sgrena, e del maggiore del servizio segreto militare Andrea Carpani, che era alla guida della Toyota che, il 4 marzo del 2005, stava raggiungendo l'aeroporto di Baghdad con la cronista appena liberata dai sequestratori iracheni. Stando alle informazioni in possesso della procura, soltanto Reaza Khan, condannato a morte, si troverebbe in carcere per un'altra accusa, quella di uxoricidio. Reaza Khan, che aveva confessato la partecipazione all'agguato, che era stato interrogato anche dal procuratore Ormanni e che aveva manifestato la sua intenzione di essere estradato in Italia al fine di poter essere giudicato a Roma, aveva indicato in Zar Jan il capo del commando che uccise, oltre alla Cutuli, anche il giornalista spagnolo di El Mundo Julio Fuentes, il cameraman australiano Harry Burton e il fotografo afghano Azizullah Haidari, entrambi della Reuters. Quanto a Zar Jan, arrestato a giugno del 2005 dopo uno scontro a fuoco con la polizia afghana, aveva respinto l'accusa di essere stato un complice di Reaza Khan. Nel corso della sua trasferta in Afghanistan, Ormanni aveva consegnato al procuratore generale del posto le ordinanze di custodia cautelare che, però, non sono state ancora eseguite. Il magistrato non ha potuto procedere all'inoltro di una richiesta di estradizione in assenza di trattati internazionali. (AGI)

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