Omicidio di M. Grazia Cutuli, Valdo Spini alla Camera sulle responsabilità del nuovo governo afghano
Atti Parlamentari-Camera dei Deputati Seduta del 26 febbraio 2002 (Assassinio della giornalista Cutuli) VALDO SPINI. Signor Presidente, signora sottosegretario Boniver, prendo la parola in quest'aula per chiedere che sia fatta giustizia sulla morte di Maria Grazia Cutuli e dei suoi tre colleghi, Prendo la parola anche per un altro motivo. Cinquantatré persone, tra giornalisti e lavoratori per i media, sono state uccise nel 2000 e settantuno nel 1999. Per quanto riguarda il 2001, si contano, per il momento, trentatré persone. L'ultimo caso riguarda il corrispondente del Wall Street Journal, Daniel Pearl, assassinato in Pakistan. Una cosa é chiara. Poiché non possiamo pensare di mettere i giornalisti sotto scorta, limitare la loro libertà di movimento e quant'altro - perché i giornalisti lavorano per noi per darci in tempo reale, nel tempo più breve possibile, notizie ed informazioni di prima mano sui luoghi di conflitto armato e di tensione - dobbiamo dare degli esempi, chi uccide i giornalisti deve essere assicurato alla giustizia, processato equamente e, se riconosciuto colpevole, punito. Sono soddisfatto, quindi, della risposta del sottosegretario Boniver ma ad una condizione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, é imminente il viaggio in Afghanistan di un uomo di Governo autorevole, il ministro della difesa, Antonio Martino. È vero ciò che il sottosegretario ha dichiarato, ossia che il 15 febbraio il ministro dell'interno Quanooni aveva annunciato il fermo di un sospetto (secondo il Corriere della sera, tale Mohamed Taher). Tuttavia, secondo notizie giornalistiche che mi sono giunte, questo sospetto sarebbe già stato rilasciato. Allora, ciò che vorrei comprendere é questo: è vero che non ci sono accordi di collaborazione e che non c'è l'Interpol. È anche vero che la magistratura italiana, le forze di polizia italiane, il Ministero degli esteri si stanno muovendo molto alacremente. Ma credo che, a questo punto, il viaggio di un uomo di Governo così importante come l'onorevole Martino debba rappresentare l'occasione per mettere il Governo di Karzai di fronte alle sue responsabilità. Secondo le voci giornalistiche e gli articoli che abbiamo raccolto, potrebbe trattarsi di rapinatori, di bande talebane che diventano ex talebane e che magari cercano copertura presso qualche signore della guerra, anche della nuova, attuale situazione. Credo che, per un dovere morale degli italiani nei confronti di questa coraggiosa giornalista, Maria Grazia Cutuli del Corriere della Sera, e degli altri tre compagni che le sono stati purtroppo colleghi, anche nelle sventura e nell'uccisione, in questo contesto, in cui sembra che i giornalisti siano diventati, in qualche modo, la parte debole di queste vicende, sia necessario un particolare impegno. Sarà anche un fatto di rilievo internazionale per l'Italia, perché mi risulta che le altre due inchieste aperte dal Governo australiano e da quello spagnolo si siano arenate per mancanza di competenza (le inchieste ancora in corso, quindi, sono quella italiana, condotta alacremente, e quella afghana). Se riusciremo a fare giustizia per Maria Grazia Cutuli, cioè se riusciremo a spingere affinché giustizia venga fatta, avremo compiuto un'azione di rilievo internazionale anche per quanto riguarda gli altri caduti (ho ricordato, appunto, il caso di Daniel Pearl del Wall Street Journal). I testimoni ci sono (ormai questo è apparso chiaro): vanno incoraggiati, vanno sostenuti nella loro volontà di poter arrivare a dare testimonianza su quanto è accaduto, Dobbiamo assolutamente fare chiarezza, nel più breve tempo possibile, su quale sia la situazione reale anche per quanto concerne i sospetti: nessuno vuole - per carità ! - il colpevole a tutti i costi, perché anche un tale modo di agire sarebbe sbagliato; però, è evidente che se, come pare, sono stati trovati il computer della giornalista e gli occhiali da sole di un'altra vittima, una pista evidentemente è aperta! Credo che il Governo italiano, proprio per l'impegno forte che ha assunto in Afghanistan, dal punto di vista militare come da quello, umanitario, di ricostruzione civile, abbia la possibilità di svolgere un'azione efficace (ricordiamo la visita alla Camera, in quest'aula, del Primo ministro Karzai). Questo dibattito deve servire a confortarci e a stimolarci reciprocamente - Governo e Parlamento - a non mollare la presa, a fare in modo di assicurare alla giustizia i feroci assassini di Maria Grazia Cutuli e dei suoi colleghi; sul giornalista non si può fare una specie di tiro al piccione, neanche in occasione di conflitti; su di lui non sí può esercitare violenza e sopraffazione né, tanto meno, si può ucciderlo! Di Lorenzo Cremonesi dal Corriere della Sera del 27/02/2002 L’Italia torna a chiedere al nuovo governo afghano un certo impegno e la piena collaborazione con le nostre autorità giudiziarie per individuare e arrestare i responsabili della morte dell'inviata del Corriere della Sera, Maria Grazia Cutuli; assassinata assieme a tre giornalisti stranieri sulla strada per Kabul il 19 novembre scorso. Lo hanno ripetuto ieri il ministro della Difesa, Antonio Martino (in partenza oggi per 1'Afghanistan) e il sottosegretario agli Esteri, Margherita Boniver. “Un Impegno che parte da lontano. Con il nuovo governo dei premier ad interim Hamid Karzai godiamo di ottimi rapporti Certo loro si trovano di fronte a mille difficoltà interne. Ma sin dalla mia visita a Kabul due mesi fa mi era stata promessa la massima serietà per assicurare alla giustizia i responsabili di quelle morti”, ha ribadito la Boniver in occasione della sua risposta a nome del governo in Parlamento all'interrogazione sul tema promossa già il 21 novembre dal diessino Valdo Spini. Quest'ultimo ieri ha insistito sulla necessità che gli assassini non restino impuniti: «Almeno 53 giornalisti sono stati uccisi soltanto nel Duemila. L'anno scorso i morti sono stati 33 E ora l'ultimo caso riguarda il corrispondente del Wall Street Journal, Daniel Pearl, assassinato in Pakistan. Una cosa è chiara. Poiché non possiamo pensare di mettere i giornalisti sotto scorta, limitare la loro libertà di movimento e quant'altro, dobbiamo dare degli esempi. Chi uccide i giornalisti deve essere assicurato alla giustizia, processato equamente e, se riconosciuto colpevole, punito». Spini ha anche ricordato che quella italiana è l'unica inchiesta internazionale rimasta aperta sul caso. «Quelle australiana e spagnola si sono arenate per mancanza di competenze», ha detto, citando tra l'altro fonti giornalistiche a Kabul, secondo le quali l'unico arrestato dalle autorità afghane (che il Corriere della Sera aveva rivelato essere un certo Mohamed Taher) potrebbe essere già stato rilasciato. "Nei miei prossimi colloqui con il ministro della Difesa afghano cercherò di verificare questa notizia», ha commentato Martino. Una mossa, la sua, che potrebbe aiutare la preparazione di una missione della Digos in Afghanistan pianificata per le prossime settimane.