Taci infame racconta le storie di una ventina di cronisti dal fronte del Sud, accomunati dall'aver subito diversi tipi di minacce e ritorsioni (dall'auto bruciata alle pallottole inviate per posta, fino alle richieste di risarcimento milionarie) non solo da mafia, camorra e 'ndrangheta ma in generale dai poteri criminali locali, che spesso vedono coinvolti politici, amministratori, presunti imprenditori, perfino qualche magistrato (vedi Ragusa e il caso Spampinato e le pesanti conseguenze subite dallo storico-blogger Carlo Ruta).
Da Peppe Baldessarro, cronista di razza del Quotidiano della Calabria, a Gianni Lannes, il free lance più censurato d'Italia, da Giuseppe Baglivo - precario 35enne che per oltre un anno ha retto la cronaca giudiziaria di Vibo Valentia-, ad Antonio Anastasi della redazione di Crotone del Quotidiano, fino a Nino Amadore del Sole 24 Ore di Palermo oltre ai più noti Lirio Abbate e Rosaria Capacchione.
Difficile immaginare che giornali come il Quotidiano della Calabria o la Gazzetta del Sud facciano disobbedienza civile come Repubblica, il Fatto o l'Unità. Insomma, dove non sono riusciti i poteri e le lobby criminali riuscirà una legge dello Stato: i giornalisti che non hanno arretrato di fronte alle minacce e ai colpi di pistola (vedi la storia di Angela Corica di Calabria Ora: ha 25 anni e le hanno sparato sull'auto dopo aver scritto di una discarica comunale) saranno costretti all'auto-bavaglio per non rischiare sanzioni pesantissime, o peggio di essere letteralmente scaricati dai propri editori.
Dice Lirio Abbate in un passaggio del libro: "la forza del cronista è la notizia, ti possono ostacolare quanto vogliono, ma solo un caporedattore pazzo rinuncia a una notizia in esclusiva". Adesso quel caporedattore passerà per sano di mente, un buon padre di famiglia che non metterà a rischio l'esistenza stessa del suo giornale.