È morto a Ravenna all' età di 92 anni, Don Francesco Fuschini, il prete scrittore. È deceduto la notte scorsa nella struttura di Santa Teresa, dove era ospite ormai da un decennio.
Era nato a San Biagio di Argenta nel luglio del 1914. Il padre era 'fiocinino’ e allevatore di cani nel ferrarese, mentre il figlio prese invece la via del Seminario. Tra le prime parrocchie quella di Porto Fuori, dove fu parroco per molti anni. Fin dagli anni del seminario Don Fuschini iniziò a scrivere, collaborando al 'Frontespizio’. Successivamente si ritagliò una bella fama di prete scrittore pubblicando su L'Avvenire d'Italia e Il Resto del Carlino importanti elzeviri che sarebbero poi stati raccolti in volume. Nacquero così 'L'ultimo anarchico (1980)', 'Parole poverette (1981)', 'Concertino romagnolo (1986)' e 'Vita da cani e vita da preti (1995)'. Negli anni dell'immediato dopoguerra aveva dato vita al settimanale "L'Argine" sul quale conduceva battaglie ideologiche firmandosi Fermo Spolino. La sua prosa personalissima e inconfondibile ha interessato i critici e dopo l'uscita dell'Ultimo anarchico, Giuseppe Prezzolini lo definì il più grande scrittore cattolico vivente. Messaggi di cordoglio sono arrivati dal sindaco Fabrizio Matteucci, del Presidente della provincia di Ravenna Francesco Giangrandi e dal senatore dei Ds Widmer Mercatali. A scoprirlo fu Piero Bargellini che nel 1936 pubblicò sul 'Frontespiziò, la rivista fiorentina di cui era direttore, il suo primo racconto che parlava della vita dei 'fiocinini’, i pescatori di frodo delle Valli di Comacchio, come era suo padre: cominciò così per Francesco Fuschini, all'epoca seminarista, l'attività di scrittore che lo portò a collaborare con 'L'Avvenire d'Italia’, 'L' Osservatore Romano’ e, per quarant'anni, con 'Il Resto del Carlino’. Quell'esordio costò al giovane religioso il rimprovero di monsignor Lega, arcivescovo di Ravenna. Lo convocò e lo redarguì perché non aveva chiesto l'autorizzazione al rettore, ma al tempo stesso lo perdonò, colpito pure lui dalla qualità del racconto. Bargellini volle anche conoscerlo personalmente, assieme allo scrittore Nicola Lisi e al poeta Carlo Betocchi; un giorno presero il treno e si recarono in Romagna. Don Fuschini fu per decine d'anni parroco a Porto Fuori, piccolo paese vicino a Ravenna, terra di repubblicani, comunisti e anarchici. "Pastore d'anime e pastore di parole" lo definirono i critici letterari, capace di trasformare la letteratura in fede e la fede in letteratura, e di essere sempre vicino, anche nelle necessità di tutti i giorni, ai più umili fra i suoi già poveri parrocchiani. Numerosi i libri che portano la sua firma, da 'L'ultimo anarchico’ a 'Vita da cani e da preti’, del '95, edito da Marsilio e premiato nel luglio di nove anni fa con il premio letterario 'Serantini’. Quel volume - la saga di Pirro, il cane al quale il sacerdote aveva affidato la sua solitudine facendone un protagonista delle sue storie - fu un po’ il testamento spirituale di don Fuschini, che all'epoca aveva già problemi di salute e si era trasferito nella casa di Santa Teresa (la stessa dove da molti anni vive anche il cardinale Ersilio Tonini), dove è morto la scorsa notte a 92 anni. Nel '97 Marsilio decise di ristampare in edizione tascabile 'Mea culpa', uscito sette anni prima da Rusconi e che bruciò in breve tempo varie ristampe. Un aneddoto racconta che un suo libro, 'Parole poverette', finì anche nelle mani di papa Wojtyla. Giovanni Paolo II gli fece i complimenti, ma gli disse che nemmeno sul vocabolario era riuscito a trovare il significato di alcune sue parole. Per forza - fu spiegato al Papa - questo prete scrive in dialetto. Un po’ vero e un po’ no: don Francesco, ricordava anni fa Carlo Donati in un articolo, "le parole necessarie se le fabbricava da sé, pescandole nel dialetto e nobilitandole con sapienti torniture". (ANSA)