La Federazione nazionale della stampa italiana, insieme con l'Associazione siciliana della stampa e l'Ordine dei giornalisti della Sicilia, sarà presente domani all'udienza del processo, che si celebra a Ragusa, in cui il pregiudicato Venerando Lauretta è accusato di aver minacciato di morte il giornalista Paolo Borrometi. La delegazione sarà guidata dal presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti.
«Insieme con l'Ordine della Sicilia e con l'Associazione siciliana della stampa, il sindacato dei giornalisti si è costituito parte civile nel processo non soltanto per ribadire la propria vicinanza al collega Borrometi, ma anche per mandare un messaggio chiaro a tutti coloro che pensano di minacciare o intimidire i cronisti», dicono in una nota Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, presidente e segretario generale della Fnsi.
«Le minacce e le intimidazioni, non soltanto fisiche, ai cronisti – proseguono – rappresentano un grave vulnus per il sistema democratico perché minano alla base il diritto dei cittadini ad essere informati. Per questa ragione, occorre tenere alta la guardia e continuare a fare pressione su governo e parlamento affinché mettano in campo misure efficaci per contrastare ogni forma di minaccia, comprese quelle messe in atto attraverso le cosiddette querele temerarie, sulle quali si registra un inaccettabile stallo sia da parte del parlamento sia da parte del ministro della Giustizia».
Anche l'Usigrai a Ragusa: «Chiediamo alla Rai di raccontare il processo»
Una delegazione Usigrai con il segretario Vittorio di Trapani sarà domani a Ragusa al processo nei confronti del pregiudicato Venerando Lauretta, accusato di minacce di morte, con l'aggravante di aver agevolato l'organizzazione mafiosa cui appartiene, nei confronti del giornalista Paolo Borrometi.
È il nostro modo per dire che nessun cronista minacciato è e sarà mai solo.
Per questo ringraziamo la Fnsi che – per volontà del presidente Beppe Giulietti e del segretario Raffaele Lorusso – ha deciso di costituirsi parte civile al fianco di Borrometi, costretto da anni ormai a vivere sotto scorta.
Chiediamo alla Rai di raccontare il processo, ma soprattutto di rilanciare le inchieste sue e di tutti gli altri giornalisti minacciati. Le mafie temono chiunque parli dei loro affari, sporchi e insanguinati.
La Rai Servizio Pubblico deve essere al fianco di chi lo fa, e porsi come avanguardia nella denuncia della criminalità organizzata e della corruzione