Procedere per tentata violenza privata e non per minacce. Questa la decisione del giudice del tribunale monocratico di Roma che, invece di pronunciare la sentenza, ha chiesto un'imputazione più grave e rimesso al pm gli atti del processo contro Armando Spada nel quale è parte offesa la giornalista Federica Angeli.
I fatti risalgono al 23 maggio 2013, quando la cronista di Repubblica si presentò con due operatori allo stabilimento balneare Orsa Maggiore di Ostia per capire come Spada fosse entrato in possesso della struttura. In quella occasione, ha ricordato Angeli nella testimonianza dello scorso febbraio, «quando Armando Spada si accorse che la luce della telecamera era accesa scoppiò un parapiglia. Era una furia, tanto che dovettero tenerlo in due, e lui mi minacciò. Disse di consegnarli la telecamera e fece il gesto della pistola con la mano, dicendo che mi avrebbe sparato in testa».
Per il giudice, l'espressione 'me te sparo in testa' pronunciata da Spada non può essere considerata una minaccia di morte fine a se stessa, in quanto aveva come scopo quello di ottenere la cancellazione delle riprese video non autorizzate che la cronista aveva fatto assieme ai due operatori. Da qui la richiesta della nuova imputazione per il reato più grave. L'accusa aveva chiesto una condanna di un anno.
In aula erano presenti l'avvocato Luca Rampioni per la Fnsi e l'avvocato Giulio Vasaturo per l'Odg, parti civili al fianco della cronista. Dopo 1765 giorni di vita sotto scorta, il calvario della giornalista non finisce. «Niente sentenza, dunque. Bene... se non fosse che ora mi tocca riaffrontare da capo il processo. Ma ce la metterò tutta. Di nuovo», scrive sui social Federica Angeli, che alla vigilia dell'udienza aveva annunciato: «Nel caso in cui dovessero condannarlo, il risarcimento che il mio legale chiederà sarà devoluto a sostegno dei giornalisti precari minacciati che non hanno possibilità economiche di difendersi. Non voglio un euro per me da quella gente».
MULTIMEDIA
Qui il link alla registrazione audio dell'udienza realizzata da Radio Radicale.