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Internazionale 18 Mar 2007

L'inviato di "Repubblica", Daniele Mastrogiacomo, è ancora nelle mani dei talebani

Alla fine di una giornata convulsa, l'unica certezza e' che Daniele Mastrogiacomo e' ancora trattenuto' in qualche luogo remoto della provincia di Helmand, nel profondo sud dell'Afghanistan, e che le speranze di riportalo a casa restano intatte, nonostante l'altalena di notizie, anche contrastanti

Alla fine di una giornata convulsa, l'unica certezza e' che Daniele Mastrogiacomo e' ancora trattenuto' in qualche luogo remoto della provincia di Helmand, nel profondo sud dell'Afghanistan, e che le speranze di riportalo a casa restano intatte, nonostante l'altalena di notizie, anche contrastanti

E' attorno a questo unico punto fermo si e' sviluppato per tutta la giornata il lavoro degli uomini dell'intelligence che dal 5 marzo stanno cercando di riportare a casa l'inviato di Repubblica. Perche' in mezzo a tante voci, smentite e silenzi, ''l'unica cosa da fare - dice uno di quelli impegnati sul campo - e' non cadere nel gioco al rialzo e tenere la barra ferma''. La trattativa per il rilascio di Mastrogiacomo, secondo quanto si e' appreso, era a buon punto gia' ieri sera, dopo una lunghissima giornata in cui si erano susseguite decine di telefonate tra l'Italia e l'Afghanistan. L'accordo, insomma, sarebbe stato praticamente concluso e ancora una volta sarebbe toccato ad Emergency il ruolo di 'postino' e tramite tra le due parti. Ed e' infatti proprio l'associazione umanitaria a sbrogliare un po' la vicenda, che sembrava essersi di nuovo ingarbugliata, quando a Kabul e' gia' pomeriggio. ''Per quel che ne sappiamo - dice all'ANSA il vicepresidente Carlo Garbagnati - non sono state ancora interamente soddisfatte le condizioni che coloro che detengono Mastrogiacomo ponevano''. Condizioni che, aggiunge, i talebani, ''avevano motivo di ritenere che potessero essere accolte''. Quanto al giornalista va considerato ''una persona ancora detenuta e ancora in pericolo''. Poco dopo, dalla Farnesina, il segnale di un ulteriore sviluppo positivo: ''tutte le condizioni sono state soddisfatte'', facevano sapere le fonti diplomatiche. Le parole di Garbagnati significavano che qualcosa si era inceppato all'ultimo momento. Ma che cosa? L'intesa, secondo quanto si e' potuto apprendere, sarebbe stata raggiunta sulla base di uno scambio di prigionieri, da effettuarsi nell'ospedale dell'associazione umanitaria a Lashkargah: Mastrogiacomo e il suo interprete Ajmal Nasckbandi in cambio di Abdul Latif Hakimi e Ustad Yasir, rispettivamente il portavoce ufficiale dei talebani arrestato a Quetta, in Pakistan, nel 2005 e il responsabile della sezione culturale del movimento al tempo in cui il regime talebano governava Kabul, condannati all'ergastolo il primo; a sette anni il secondo. Quanto a Mohammed Hanif - il terzo portavoce dei talebani di cui si e' parlato come uno dei prigionieri da scambiare, arrestato nel gennaio del 2006 al confine tra Afghanistan e Pakistan - ad opporsi alla consegna non sarebbero state le autorita' afgane, ma lo stesso Hanif. Forse per paura di essere ucciso dopo aver spifferato ai servizi segreti afghani - che lo hanno subito reso noto - che il mullah Omar si troverebbe a Quetta protetto dai servizi pachistani. Ma la trattativa si e' inceppata: il tourbillon delle notizie, innescatosi al mattino, non ha semplificato le cose, ma - si rileva - non e' stato determinante. Che cosa e' successo allora? Anche in questo caso si possono fare soltanto delle ipotesi. Una, soprattutto. Un rilancio da parte dei talebani, una richiesta ulteriore, non di denaro ma che potrebbe riguardare la liberazione di altri detenuti. (ANSA) PROLUNGATE TRATTATIVE, TRA MOLTE VOCI INVIATO E INTERPRETE SOTTO TUTELA CAPI TRIBALI Di tutto, forse troppo, e' stato detto in questa tredicesima giornata di detenzione del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo rapito in Afghanistan, che si e' aperta con la speranza di una soluzione rapidissima e si e' conclusa con la delusione delle aspettative e una sorta di ''liberta' sotto tutela'' per l'inviato di Repubblica. I Taleban, sollecitati dalla stampa, hanno fatto annunci di prossima liberazione, di rilascio, di ostacoli nelle trattative, di nuove richieste, della consegna nelle mani di mediatori in attesa dello scambio di prigionieri. Portavoce e comandanti hanno sparato nomi e cifre, sui detenuti che vogliono siano scarcerati in cambio della vita di Mastrogiacomo e del suo interprete Adjmal Nashkbandi. La conclusione al calar di una sera freddissima e di pioggia intensa, e' che Mastrogiacomo passera' la notte con molta probabilita' nelle mani fidate di capi tribali, nei pressi di Lashkar gah, il capoluogo della provincia meridionale di Helmand, dove e' stato portato, sembrerebbe, nelle prime ore del pomeriggio. Ma il Mullah Dadullah ha voluto far sapere tramite l'agenzia afghana Pajhwok, diventata il suo canale privilegiato per dare notizie, che il giornalista era ancora nelle sue mani. Non c'e' di fatto contraddizione. Capi tribali e Taleban hanno tali legami in quest'area da poter essere considerati, come dice un proverbio afghano, ''lo stesso mulo con la sella diversa'', dice un politilogo afghano. I Taleban sembra abbiano giocato al rialzo. Vogliono ottenere il massimo, ora che si sono assicurati il riconoscimento politico, imponendo al governo afghano di negoziare con loro. Pubblicamente, su un affare di carattere internazionale. Non nelle trattative segrete che in questi cinque anni di governo sempre piu' debole del presidente Hamid Karzai si sono svolte protette dall'inacessibilita', in tutti i sensi, dell'Afghanistan, dalla complicita' del Pakistan, dall'impotenza e dall'ignavia del mondo occidentale. Da questa vicenda escono rafforzati come un'opposizione estremista, terroristica, ma che non puo' essere semplicisticamente liquidata come una masnada di selvaggi di un esotico Oriente. Hanno sfruttato al massimo l'occasione che si e' posta loro. Non si sa quanto accidentalmente. Il denaro non e' un problema per chi controlla la maggiore produzione di oppio al mondo. Hanno obbligato Karzai - e quindi gli americani dai quali il presidente dipende in tutto, anche nella sua protezione personale - a concedere la liberazione di personaggi significativi politicamente. Il Taleban Ibrahim Hanifi, comandante militare della provincia di Helmand, lo ha detto con la massima chiarezza: Karzai ''e' in debito con l'Italia, deve fare qualcosa per salvare il giornalista''. Due dei Taleban di cui era stata chiesta la scarcerazione sono arrivati a Lashkar gah ieri notte. Sono Latif Hakimi e Yasir Ustad, ambedue arrestati insieme in Pakistan nell'ottobre 2005. Il primo, 40 anni, nato a Kandahar, era il portavoce ufficiale dei Taleban per il mondo occidentale. Sta scontando una condanna all'ergastolo. Il secondo, 57 anni, ha studiato in Arabia saudita. Era responsabile della cultura durante il regime dei Taleban, crollato sotto le bombe americane del dicembre 2001, e' condannato a sette anni. Le trattative sembra si siano inceppate sul terzo uomo. Forse Mohammed Hanif, 26 anni, laureato in sharia (legge islamica). Portavoce per soli due anni, e' stato arrestato due mesi fa, mentre rientrava dal Pakistan, ed e' ancora in attesa di giudizio. I servizi segreti afghani hanno diffuso, subito dopo l'arresto, un video di un interrogatorio in cui rivelava che il Mullah Omar era a Quetta, in Beluchistan, sotto la protezione dei servizi pakistani. Secondo alcune fonti, gli americani vorrebbero trattenerlo per continuare gli interrogatori. Altre dicono che sia lui a non voler essere liberato. Nel tardo pomeriggio Dadullah ha parlato invece di tale Mansoor Ahmad, figlio di Shah Mohammad - ambedue nomi molto comuni - uno sconosciuto anche per i maggiori esperti di Taleban in Afghanistan e in Pakistan. Il comandante Ibrahim Hanifi, non si e' fermato li': ha parlato all'ANSA di ''un'altra dozzina'' di prigionieri da liberare, subito, o anche dopo, con discrezione. L'agenzia Pajhwok ha fatto una lista di otto nomi di uomini gia' fatti uscire dal carcere di Pul-i-charki, alla periferia di Kabul, e trasferiti a quello dei servizi segreti, perche' siano pronti a prendere il volo per Helmand. Fra questi c'e' anche Timor Shah, il sequestratore dell'italiana Clementina Cantoni, dipendente di una Organizzazione non governativa, rilasciata dopo lunghe trattative. (ANSA)

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