Cosa cambia per i giornalisti con il passaggio della Gestione principale dell'Inpgi all'Inps? Se n'è discusso nel corso di un incontro a palazzo Wedekind, a Roma, organizzato da Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro e Cassa previdenziale della categoria, con il patrocinio dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dal titolo "L'Inpgi passa all'Inps. Come cambia la busta paga e la previdenza dei giornalisti".
Ad aprire i lavori la presidente dei consulenti del lavoro Marina Calderone, che ha evidenziato come nel passaggio dell'Inpgi1 all'Inps «è importante siano stati garantiti i diritti acquisiti» degli iscritti, con «un passaggio avvenuto nel modo più indolore possibile», aggiungendo che «non si poteva lasciare indietro una categoria così importante per i diritti democratici del Paese, come quella dei giornalisti».
La presidente dell'Inpgi, Marina Macelloni, ha ripercorso le tappe che hanno portato alla norma inserita in manovra e rivendicato i risultati ottenuti. «L'Istituto continuerà a esistere – ha notato – e continuerà a tutelare la parte in crescita della nostra professione, quella dei lavoratori autonomi, che è la parte più debole e che ha bisogno di maggiori tutele e garanzie».
Nel corso di una crisi industriale di cui non si vede la fine, «siamo riusciti ad ottenere – ha scandito – la miglior soluzione possibile per i giornalisti dipendenti e pensionati e per il personale dell'Ente, e siamo riusciti a far riconoscere la storia dell'Inpgi, nato nel 1926 per tutelare una categoria che non è una casta, ma ha a che fare con il tessuto democratico del Paese e per questo merita un riconoscimento particolare».
A rassicurare i giornalisti anche il presidente Inps, Pasquale Tridico. «Troveranno estrema professionalità e le stesse persone che trattano oggi le loro posizioni contributive. Troveranno continuità nel servizio e nel dialogo con l'Istituto», ha osservato. «Il saldo dell'Inpgi – una delle considerazioni – era su un sentiero troppo stretto per esser recuperato».
Una situazione cui si è arrivati «perché il numero dei pensionati (circa mille ogni anno) è superiore ai nuovi assunti (circa 500)». Il passaggio non è dovuto a un «problema gestionale o organizzativo, ma a un problema di entrate nel mercato del lavoro che è la metà di quanti escono. Il che crea un disavanzo irrecuperabile», ha rilevato ancora, alzando infine lo sguardo sull'intero sistema della previdenza privata dei professionisti, anche in vista di possibili crisi future. «Sarebbe utile pensare ad un Ente unico, anche di tipo privatistico, del comparto: migliora la sostenibilità, amplia la tutela e migliora il sistema mutualistico solidale su cui si fonda l'assetto pensionistico», la riflessione.
Moderati da Ignazio Marino, direttore relazioni istituzionali della Fondazione studi Consulenti del lavoro, ad approfondire gli aspetti tecnici sono stati il direttore dell'Inpgi, Mimma Iorio; Gianfranco Santoro, del Coordinamento statistico attuariale Inps; Vito La Monica, direttore centrale organi collegiali Inps; Antonello Orlando; esperto della Fondazione studi Consulenti del lavoro; Gabriele Uselli, direttore centrale Pensioni Inps; Luca Sabatini, direttore centrale Ammortizzatori Sociali Inps.
Allo studio della commissione tecnica chiamata a gestire il passaggio – l'anticipazione – tutti i temi legati all'attività dell'ente, sui quali sono già avviati tavoli di confronto, dall'erogazione delle pensioni agli ammortizzatori sociali, dalla gestione del patrimonio al futuro lavorativo dei dipendenti dell'Inpgi.
A concludere il seminario, il sottosegretario all'Editoria, Giuseppe Moles. «Ho sempre pensato che il commissariamento dell'Inpgi fosse una non-soluzione, perché avrebbe finito per penalizzare l'intera filiera dell'informazione», ha esordito. «Per me – ha aggiunto fra le altre cose – l'Istituto è uno dei tasselli fondamentali del sistema e per questo abbiamo cercato di lavorare, con il ministro Orlando e la presidenza del Consiglio, ad una soluzione di medio e lungo periodo per i problemi di sostenibilità della previdenza dei giornalisti. Una soluzione che ritengo equa e equilibrata, che non penalizza la categoria».
Nella convinzione, ha concluso il sottosegretario, che «una buona e corretta informazione e i professionisti che la producono, non possono che essere un bene primario e, come altri settori di interesse nazionale, tale bene va sostenuto, tutelato e difeso».