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Associazioni 10 Apr 2009

L'Associazione Ligure dei giornalisti: assolti i sei giornalisti de "Il SecoloXIX" processati per avere diffuso l'identikit di un maniaco sessuale. Informare non è un reato. La soddisfazione dell'Unci

“Il fatto non sussiste”. Non è reato fare cronaca e, nel caso specifico, diffondere l’identikit di un maniaco che aveva colpito numerose volte, contribuendo alla sua identificazione e, soprattutto, a tutelare le vittime, consentendo ad alcune di riconoscerlo e di presentarsi agli inquirenti.

“Il fatto non sussiste”. Non è reato fare cronaca e, nel caso specifico, diffondere l’identikit di un maniaco che aveva colpito numerose volte, contribuendo alla sua identificazione e, soprattutto, a tutelare le vittime, consentendo ad alcune di riconoscerlo e di presentarsi agli inquirenti.

Che avrebbero poi identificato e arrestato l'uomo che, imputato, è poi stato condannato (sentenza confermata in appello). E’ questo il senso della assoluzione di sei giornalisti genovesi de Il Secolo XIX che avevano impugnato il decreto penale che li vedeva condannati a una dozzina di giorni di carcere commutati in pena pecuniaria, per avere appunto pubblicato l’identikit e diffuso notizie – puntuali – sulla vicenda del cosiddetto “maniaco dell’ascensore” che tra il 2004 e 2006 aveva aggredito una trentina di ragazzine. La sentenza (sarà interessante leggere le motivazioni) emessa dal giudice Clara Guerello riconosce il diritto-dovere di fare informazione dei giornalisti e il ruolo sociale della stessa informazione in casi come quello in oggetto. E riconosce la giustezza del ricorso dei sei colleghi che non avevano neppure accettato il principio dell’oblazione per chiudere "senza complicazioni" la partita giudiziaria. Pericoloso e inaccettabile il principio che aveva portato al decreto penale impugnato dai sei colleghi: la procura aveva ricostruito la catena gerarchica del giornale sanzionando cronisti e responsabili di reparto oltre che il direttore. Una sentenza che deve dare forza alla più generale e importante battaglia sul diritto dovere di fare informazione e di riceverla scegliendo i media che i cittadini preferiscono. Ivi compreso quella contro le inaccettabili scritture dei provvedimenti sulle intercettazioni e sugli atti giudiziari in merito alla loro pubblicabilità. “Giustizia è fatta a Genova per i cronisti”. Ha commentato così l’assoluzione dei sei colleghi del Secolo XIX il Presidente dell’Unci Guido Columba che aveva parlato di “scandalo” per la sentenza di primo grado che li aveva condannati. I sei, stamani, sono stati assolti “perché il fatto non sussiste”. Lo ha deciso nel processo di appello il giudice monocratico del tribunale di Genova, Clara Guerello. In primo grado, nel 2007, erano stati condannati con un decreto penale del Pm, convalidato dal Gip, a una dozzina di giorni di carcere, convertiti in una pena pecuniaria. Il Secolo XIX, come il Corriere Mercantile, aveva pubblicato l’identikit di quello che è poi stato soprannominato “il maniaco degli ascensori” che tra il 2004 e 2006 aveva aggredito, selvaggiamente picchiato e stuprato quasi una trentina di ragazzine negli androni dei palazzi di tutti i quartieri di Genova. Forze di polizia e magistratura avevano minimizzato il numero degli stupri e la violenza delle aggressioni. La pubblicazione dell’identikit del maniaco – Edgar Bianchi, arrestato alla fine e condannato in appello a una dozzina di anni di carcere – ha salvato alcune ragazze genovesi dalla violenza perché hanno riconosciuto nell’uomo appostato vicino alle loro abitazioni lo stupratore. L’Unci ha assegnato ai sei un riconoscimento nell’ambito del Premio Cronista 2008- La sentenza di oggi commenta Columba che in marzo ha testimoniato a favore di Matteo Cetara, Matteo Indice, Roberto Onofrio, Roberto Pettinaroli, Simone Schiaffino e Lanfranco Vaccari nel processo d’appello – riconosce pienamente il fondamentale ruolo sociale svolto dalla stampa per tenere assieme le basi della convivenza sociale: senza il diritto-dovere di cronaca, esercitato con intelligenza e coraggio da migliaia di cronisti in tutta Italia la nostra società sarebbe meno civile, meno giusta, meno solidale. Gli articoli scritti dai colleghi hanno anche spronato magistrati e investigatori e abbreviato il periodo che è stato necessario alle indagini per consentire di arrestare lo stupratore.

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