In Comune a Monza il diritto di cronaca è a pagamento
da GSGIV NOTIZIE del 14 ottobre 2002 Chiesti 260 euro al giorno per la realizzazione di un fotoreportage sul parco di Villa Reale Anche Roma impone autorizzazioni a pagamento quando i fotogiornalisti devono utilizzare il cavalletto Troppe confusioni sulla realtà che i giornalisti dell'informazione visiva, anche se "apparentati" dall'uso di attrezzature simili, esercitano una professione diversa da quella di fotografo commerciale, soprattutto per diritti e doveri. Il diritto di cronaca si esercita solo se autorizzato e a pagamento. Questa almeno è la sbalorditiva convinzione che circola in Comune a Monza, dove per realizzare un fotoreportage giornalistico sul famoso parco della Villa Reale, il mensile "Panorama Travel" ha dovuto sborsare fior di quattrini. Comune e funzionari, sostenendo la necessità di un particolare permesso, hanno infatti chiesto, per rilasciarlo, una tariffa a giornata di 260.00 euro più Iva, raddoppiata nel caso all'inviato della rivista, per non perdere giornate in interminabili scarpinate, servisse anche l'autorizzazione per circolare in auto sulla fitta rete stradale interna al parco, un'estensione con un perimetro di circa venti chilometri. La richiesta è stata giustificata da Giampietro Mosca, assessore monzese responsabile del parco, e dai suoi funzionari, citando un articolo del regolamento che, dal 1981, norma il funzionamento di Villa Reale, dei suoi giardini e delle strutture ad essi annesse. Un articolo che però, letto con un poco di attenzione e competenza, prevede l'applicazione delle salate tariffe solo per riprese cinefotografiche di generi che non hanno nulla a che vedere con il giornalismo: quelli commerciali e pubblicitari. Quest'ultimo aspetto è stato fatto presente, anche formalmente, agli amministratori monzesi cercando pure di spiegare loro tutti i dubbi di legittimità della pretesa di subordinare ad "autorizzazioni a pagamento" l'esercizio del diritto di cronaca, prerogativa professionale attraverso la quale ogni giornalista, senza condizionamenti di sorta, ha il delicatissimo compito di assicurare ai cittadini il diritto costituzionale di essere informati attraverso ogni forma di giornalismo, quello visivo compreso. Questo specificando anche che, essendo l'inviato della rivista un giornalista professionista, non avrebbero avuto ragione di sussistere neppure eventuali dubbi giuridici connessi alla legittimità della rivendicazione dell'esercizio del diritto di cronaca, forse sostenibile nel caso la realizzazione del fotoreportage fosse stata affidata a soggetti con inquadramenti professonali meno ineccepibili, come pubblicisti o altre figure che esercitano, solo di fatto, attività giornalistica. Il tutto è andato però a vuoto. L'assessore monzese, convinto che i fini di un reportage giornalistico vanno considerati commerciali perché "le riviste si vendono e gli editori guadagnano", non è arretrato dalle sue posizioni e alla fine, visto che il servizio era urgentissimo (è pubblicato sull'ultimo numero del periodico), la direzione della rivista, dopo aver ottenuto uno sconto , ha dovuto, suo malgrado, pagare. L' episodio è stato segnalato dal Gsgiv sia all'Ordine della Lombardia, sia all'Associazione lombarda dei giornalisti, auspicando che i due organismi, in base alle proprie rispettive competenze, intervengano sul Comune di Monza e nel contempo si allertino in una generale vigilanza contro le violazioni ai diritti che garantiscono alla categoria di tenere informati i cittadini anche con il giornalismo visivo. Il Comune di Monza non è comunque l'unico ente pubblico che, interpretando in modo grossolano norme di regolamenti locali, ostacola il lavoro dei giornalisti dell'informazione visiva. Il Comune di Roma, per esempio, pretende licenze e autorizzazioni (anch'esse a pagamento) da fotogiornalisti e teleoperatori che fanno uso di cavalletti in vie e piazze della città. Anche qui, come a Monza, la posizione dell'ente pubblico e dei suoi funzionari ha radici nei fraintendimenti certamente innescati dall'uso da parte dei giornalisti dell'informazione visiva di attrezzature spesso identiche a quelle utilizzate da soggetti che esercitano mestieri che nulla hanno a che vedere con la professione di giornalista, coi diritti e i doveri ad essa connessi e con le sue specifiche competenze. Forse è giunta l'ora che, per spazzare via ogni confusione, i nostri due principali organismi istituzionali, l'Ordine e il Sindacato, si impegnino a chiarire, a tutti i livelli, il concetto che, nonostante molti "apparentamenti", i fotogiornalisti sono, giuridicamente, soggetti che hanno poco a che vedere coi fotografi. Questo anche se, a prima vista, si assomigliano davvero molto.