“Gli editori devono metterci il cuore perché si possa concludere la vertenza del contratto nazionale, lo stesso cuore che è alla radice del coraggio che ogni giorno i giornalisti mettono nel proprio lavoro per applicare l’etica e la deontologia subendo minacce e attentati.
Particolare attenzione si deve prestare ai temi del precariato. Basti ricordare quei giornalisti che per sopravvivere passano da un contratto a termine ad un altro senza nessuna garanzia e i giovani che nei piccoli giornali vengono pagati solo tre euro a pezzo. Gli stessi colleghi che in alcuni casi fanno fallire gli scioperi, forse perché minacciati dalla mancanza del rinnovo dei loro contratti. Proprio per questo un sindacato moderno sa capire se lo sciopero è l’unico mezzo per indurre la controparte a trattare. La proposta è quella di attuare il cosiddetto sciopero alla giapponese, ovvero subissare di notizie le redazioni. Ogni giornalista nei giorni di questo particolare sciopero deve produrre una notizia in più, anziché una in meno per dimostrare che abbiamo voglia di lavorare che siamo vivi e che contiamo. Questo per dare una risposta a una federazione di editori che tenta di nascondere la propria capacità di rinnovarsi, dal punto di vista imprenditoriale e del mercato, aggredendo i giornalisti nelle loro retribuzioni, nella loro autonomia”.