«Il lavoro è scomparso dall'agenda politica del Paese da qualche decennio: dobbiamo avere il coraggio di riportare il lavoro al centro dell'agenda». Così Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, al convegno 'Informazione sotto scorta' organizzato a Firenze dalla Fondazione dell'Ordine dei giornalisti della Toscana con il patrocinio di Comune di Firenze, Cnog, Federazione nazionale della Stampa italiana, Associazione Stampa Toscana, Cgil Cisl e Uil Toscana. «Trovo assurdo – ha aggiunto – che oggi il dibattito in corso sulla legge di stabilità sia sul tetto all'uso del contante: i colleghi precari, i precari di altre professioni il problema del contante non ce l'avranno mai, perché il contante non l'avranno, questo è il tema».
Inoltre, per Lorusso «non possiamo accettare che editori grandi e piccoli mettano alla porta i colleghi di una certa età e li sostituiscano con colleghi pagati 2 o 3 euro a pezzo: questo non è lavoro e mina la credibilità dell'informazione, che qualità si può pretendere così?». Dunque, ha affermato il segretario della Fnsi, «bavaglio è anche non muovere un dito per combattere il precariato, bavaglio è anche il precariato. La battaglia per le libertà comprende anche la libertà dal bisogno. Ho apprezzato le aperture da parte del sottosegretario all'editoria, mi auguro che quelle aperture possano portare ad atti concreti».
Nel suo intervento, infine, Lorusso ha illustrato le varie forme di bavaglio che i giornalisti sono costretti a subire, dalle minacce alle richieste di risarcimento milionarie. «In Italia la stampa è sicuramente libera: chi molto spesso non è libero sono i giornalisti, che vivono varie forme di bavaglio», ha sottolineato.
La giornata, coordinata dalla giornalista Sara Lucaroni, è stata aperta da Carlo Bartoli, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Toscana. Sono intervenuti, fra gli altri, la vicepresidente e il segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Elisabetta Cosci e Guido D'Ubaldo, i giornalisti Antonella Napoli e Federico Gervasoni, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, il vicepresidente del Csm, David Ermini, il sottosegretario all'Editoria, Andrea Martella.
«A rendere la stampa meno libera è anche la diffusa precarietà del lavoro giornalistico, diventata sempre più strutturale in molte redazioni», ha detto il sottosegretario. «Bisogna proporre incentivi al turnover per le assunzioni di giovani giornalisti, che abbiamo già proposto di introdurre nella legge di bilancio per il 2020», ha aggiunto, sostenendo come «si debba riconoscere a tutti i giornalisti un equo compenso».
A tale scopo, ha sottolineato Martella, è stata ricostituita la Commissione per l'equo compenso che «si riunirà a breve: il mio obiettivo fin da subito è stato quello di fare in modo che si possano introdurre regole nuove, e comunque che venga riconosciuto un giusto compenso al lavoro giornalistico, per cui la commissione riprenderà il proprio lavoro nelle prossime settimane. L'idea è di lavorare per arrivare a delle regole che siano condivise, sostenute, che non vengano messe in discussione. Mi auguro che in tempi rapidi ci possano essere delle regole condivise».
Il sottosegretario all'Editoria ha quindi spiegato: «Sono qui per esprimere amicizia, stima e solidarietà ai giornalisti sotto scorta. A questi fenomeni bisogna rispondere innanzitutto rafforzando le misure di protezione personale da parte dello Stato nei confronti dei giornalisti e dei loro familiari, ma bisogna anche far fronte a un altro fenomeno, minacce più subdole che possono mettere in discussione l'indipendenza e la libertà dell'informazione».
Martella ha poi ribadito l'appello per un'approvazione rapida della legge giacente in Parlamento contro le querele temerarie, e che abolisce il carcere per i giornalisti, sottolineando che «è responsabilità del legislatore trovare un punto di equilibrio fra diritto di cronaca e tutela della libertà delle persone, respingendo con fermezza ogni tentativo di far passare norme animate solo da uno spirito punitivo». E ripreso la proposta del sindaco Nardella, di inasprire le pene per chi minaccia o aggredisce i giornalisti: «È una proposta giusta che condivido: fare di Firenze la città da cui possa partire questa proposta è un'idea che penso si possa sostenere. Deve passare il principio che chi minaccia un giornalista sta minacciando tutti quanti noi perché impedisce la libertà di informazione».
Le intimidazioni ai giornalisti, ha ricordato il sottosegretario, «sono un fenomeno in crescita allarmante in tutto il mondo, anche in Italia, in società aperte e democratiche come la nostra, e stanno raggiungendo aree del Paese che fino a pochi anni fa ritenevamo immuni da questo fenomeno».
«Lanciamo la proposta di una modifica alla legislazione per inasprire le pene per chiunque si renda responsabile di minacce, violenze o di qualsiasi forma di condizionamento dell'attività del giornalista, sulla base del principio della libertà d'informazione», aveva detto il sindaco di Firenze, spiegando che «quando parliamo di condizionamenti ci riferiamo a condizionamenti di qualunque tipo, che possono maturare nell'ambito lavorativo o al di fuori. In ogni caso il principio da tutelare è l'autonomia e la libertà del giornalista».
Per il vicepresidente del Csm, David Ermini, «deve esserci un atteggiamento molto più forte da parte dell'opinione pubblica verso le aggressioni che i giornalisti subiscono. I giornalisti, ha aggiunto, «vanno tutelati dalle liti temerarie che spesso vengono poste in essere contro di loro». E in relazione alle aggressioni fisiche, Ermini ha osservato: «Queste cose che si sono verificate negli ultimi periodi sono agghiaccianti, brutte e non degne di un Paese civile. Non ci dobbiamo limitare a contrastare quelli che sono gli episodi di violenza fisica» contro «un elemento portante del nostro sistema della democrazia», perché «il controllo della stampa sulle attività della politica, dell'imprenditoria, ma vorrei dire anche della magistratura è fondamentale».
Sulle querele temerarie, ha concluso il vicepresidente del Csm, «c'era una proposta di legge nella passata legislatura che fu bloccata al Senato ma che la Camera aveva già approvato, dove si interveniva sulle querele temerarie e si interveniva soprattutto seguendo quelli che erano i messaggi dell'Europa, cioè togliere le sanzioni detentive verso i giornalisti».