Come giornalisti «non bisogna arrivare il giorno dopo» le morti sul lavoro, ma promuovere «una grande campagna nazionale per capire le ragioni per le quali si muore: la catena degli appalti, dei subappalti, la fretta, la velocità, la cancellazione della dignità e dei diritti». Lo ha detto il presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti, intervenendo a Firenze al convegno dal titolo 'Le morti sul lavoro: una tragedia dimenticata', organizzato dall'Ordine regionale.
«Per questa ragione – ha annunciato Giulietti – con l'Ordine nazionale, la Fnsi, l'Ordine regionale e l'Associazione regionale di Stampa, pensiamo di proporre un grande incontro qui in Toscana che metta assieme giornalisti, familiari delle vittime, medici, ricercatori, delegati alla sicurezza per mettere a punto una strategia mediatica. Spesso chiediamo la 'scorta mediatica' per i cronisti minacciati: è il caso di dare la 'scorta mediatica' ai tanti che escono la mattina e rischiano di non tornare a casa perché muoiono di lavoro».
Il presidente della Fnsi ha anche lodato la Testata giornalistica regionale e le sedi regionali della Rai «che hanno promosso già tre settimane contro le morti sul lavoro: vorrei che la Rai diventasse un'agenzia pubblica contro le morti sul lavoro, e creasse un osservatorio permanente sui temi della prevenzione», ha auspicato.
A proposito dei tagli ai dorsi locali del Corriere della Sera, annunciati nei giorni scorsi da Rcs, Giulietti ha poi osservato: «È inutile continuare a parlare di qualità dell'informazione da parte degli editori e continuare a tagliare sul lavoro, negare la qualità, volere sempre meno giornalisti e sempre meno giornalisti con i contratti e con i diritti».
Giornalisti senza contratto e senza diritti che, ha concluso il presidente della Fnsi, «sono anche senza libertà, e questo danneggia i cittadini che hanno diritto ad essere informati correttamente. La Federazione della Stampa col segretario Lorusso e l'Ordine nazionale dei giornalisti sono dalla parte che colleghi che hanno scioperato per difendere i propri diritti».