«Grazie per la vostra attenzione, per l’importante servizio che rendete alla società». Una frase semplice, pronunciata senza enfasi, con la quale papa Benedetto XVI ha voluto ringraziare gli oltre quattromila fra giornalisti, telecineoperatori, cameramen e fotografi di tutto il mondo che hanno raggiunto ieri mattina alle 11 la Sala Paolo VI, nota anche come «Aula Nervi» per partecipare alla prima uscita pubblica che il nuovo pontefice, insolitamente, ha voluto dedicare ai rappresentanti del mondo della comunicazione.
Domenica 24 Aprile 2005 - da L’Arena - Il giornale di Verona Ai giornalisti il primo grazie Benedetto XVI riceve gli inviati: vi sono grato per il vostro servizio Si apre l’era Ratzinger All’esordio ufficiale il Pontefice incontra 4000 reporter E in quattro lingue li esorta a «diffondere la verità» - I CRONISTI «Anche se laici vediamo nella sua figura un’alta guida spirituale» di Paola Colaprisco inviata a Roma «Grazie per la vostra attenzione, per l’importante servizio che rendete alla società». Una frase semplice, pronunciata senza enfasi, con la quale papa Benedetto XVI ha voluto ringraziare gli oltre quattromila fra giornalisti, telecineoperatori, cameramen e fotografi di tutto il mondo che hanno raggiunto ieri mattina alle 11 la Sala Paolo VI, nota anche come «Aula Nervi» per partecipare alla prima uscita pubblica che il nuovo pontefice, insolitamente, ha voluto dedicare ai rappresentanti del mondo della comunicazione. Un incontro breve, durato meno di un quarto d’ora, scandito da cori da stadio e battimani di cui il teologo bavarese, nemico degli applausi e della ribalta, si è mostrato sorpreso e un po’ imbarazzato. Solo un perentorio «in nome del Padre…» ha fatto placare la platea che - lo si è scoperto al termine dell’incontro - non era composta solo da professionisti della comunicazione. In fondo all’Aula Nervi, infatti, era stata fatta accomodare una numerosa scolaresca sarda, a Roma in gita scolastica. E i bambini si sono fatti sentire, creando un po’ d’imbarazzo tra i giornalisti (che pure sono notoriamente indisciplinati) e i cardinali che sedevano alla sinistra del pontefice. Tra di loro, in prima fila, con una pila di quotidiani sotto il braccio, il cardinale emerito di Ravenna, Ersilio Tonini. Al cospetto del teologo, che è stato definito dai tabloid britannici «rottweiler di Dio», si sono trovati, dunque, quelli che dovrebbero essere i mastini del potere. Un incontro strano, semplice nel suo programma, che ha lasciato sorpresi soprattutto per la sua brevità. Sono andate deluse, insomma, le aspettative di chi aveva avanzato mille congetture sulla scelta del nuovo Pontefice, che alla vigilia dell’inaugurazione del proprio mandato (la messa solenne è prevista per stamane davanti ad almeno mezzo milione di fedeli) ha deciso di ricevere, prima di capi di Stato e di governo, ambasciatori e autorità varie, una delegazione laica, di giornalisti oltretutto. Quegli stessi giornalisti, non va dimenticato, che ai 115 cardinali in procinto di rinchiudersi in Conclave nella Cappella Sistina aveva ordinato di non incontrare. Il motivo dell’incontro sotto le austere volte della sala Paolo VI è in realtà assai banale. Alternando quattro lingue (nell’ordine italiano, inglese, francese, il «materno» tedesco e di nuovo italiano, «visto che siamo a Roma») il pontefice bavarese lo ha spiegato subito: «Illustri signori e gentili signore, grazie per la vostra visita e per il servizio che in queste ultime settimane avete reso alla Santa Sede e alla chiesa cattolica». «Grazie al vostro lavoro», ha aggiunto papa Ratzinger, «da settimane l’attenzione del mondo è concentrata su piazza San Pietro, sul palazzo apostolico dove l’indimenticato Giovanni Paolo II ha concluso la sua esistenza terrena e poi sulla Cappella Sistina, dove i signori cardinali mi hanno eletto». Benedetto XVI ha quindi evidenziato di quanti, «lontani da casa e dalla propria famiglia da così tanto tempo, hanno saputo fare questo servizio straordinario». Il pontefice ha poi fatto un breve accenno al Concilio Vaticano II, all’importanza che attribuisce ai media nell’epoca della comunicazione globale e, segnatamente, alla comunicazione sociale. Elemento, quest’ultimo, che il Papa ha fatto intendere di avere particolarmente a cuore, nel «solco del terreno tracciato dal mio predecessore Giovanni Paolo II». «Cooperare alla diffusione della verità» è il motto scelto dal pontefice tedesco. L’impegno a perseguire la verità, o per lo meno ciò che più le assomiglia, dovrebbe essere prioritario anche per i professionisti dell’informazione. Non nascondiamocelo: l’impresa è ardua sia per il sacerdote, sia per il giornalista. Il primo deve confrontarsi con gli «ismi» che inquinano il mondo e l’uomo, dal «relativismo all’individualismo, dall’ateismo all’agnosticismo, per non tacere del liberismo», come lo stesso Ratzinger ha tuonato nella sua ultima omelia da cardinale, prima del Conclave. Il secondo deve invece tarare le sue cronache sugli interessi dei poteri forti, siano essi politici o economici, perché anche il giornalismo - purtroppo - è diventato elemento di una filiera che deve produrre profitto. E consenso, se possibile. Quel consenso che il cardinale teologo non ha mai cercato, tanto meno quando ha affermato verità scomode («quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e quanta superbia»), consapevole che solo aggrappandosi alle salde radici cristiane si può uscire indenni dalle onde che «ci sbattono di qua e di là». Consapevolezza del proprio ruolo, della propria storia e della propria missione, coraggio di essere critici, anche a rischio di sentirsi dare dell’integralista-fondamentalista: può essere questo il messaggio che Benedetto XVI ha rivolto in silenzio ai giornalisti di tutto il mondo. Che oggi saranno ancora in Piazza San Pietro per raccontare l’inizio della sua missione. dall’inviata Gli inviati stranieri cominciano a mostrare segni di cedimento. Sono a Roma ormai da un mese: prima la lenta agonia di Giovanni Paolo II, poi la folla oceanica in coda di giorno e di notte per rendere omaggio alla sua salma, quindi il funerale in mondovisione, il Conclave e la fumata bianca. Oggi di nuovo tutti in campo, con la messa che inaugura ufficialmente il pontificato di Benedetto XVI. Eccessiva copertura degli eventi? Qualcuno, a bassa voce, accusa noi giornalisti di aver esagerato un po’... Franco Siddi, presidente della Fnsi (Federazione nazionale della stampa, il sindacato dei giornalisti italiani) si dice convinto piuttosto «che i giornalisti, e non solo italiani, abbiano svolto in quest’ultimo mese un lavoro eccellente che non a caso ha avuto il riconoscimento autorevole di Sua Santità papa Ratzinger con l’udienza di stamane (ieri-NdR)». L’invito del Papa tedesco ha sorpreso il presidente Siddi. «A memoria, è la prima volta che un Papa incontra i giornalisti ancor prima di inaugurare il suo pontificato. Abbiamo accolto l’invito da laici, anche se molti colleghi sono credenti, perché riconosciamo nel Papa un’alta guida spirituale, titolare di una cattedra capace di guidare elementi di riflessione e di crescita interiore. Se il Papa ha invitato la stampa di tutto il mondo, significa che intende portare avanti la sua missione di evangelizzazione riconoscendo un senso compiuto all’attività dei media, che possono anche rappresentare delle insidie, ma che considera importanti per trasmettere al popolo i messaggi a lui cari. È fondamentale che l’informazione offra conoscenza delle cose terrene e delle cose divine, così che poi ognuno maturi la propria personale convinzione». Un ulteriore elemento di comunione fra il Papa e gli operatori dell’informazione, per Siddi, sarà «la comunicazione sociale, secondo l’impostazione di papa Wojtyla che ci aveva ricordato che è importante avere un’etica nell’informazione». E anche criticare, quando serve… «Papa Ratzinger è l’esempio della critica costruttiva. Un esercizio che direttori e editori di scarso senso etico impediscono a molti di noi di esercitare. Non a caso la qualità dell’informazione è l’elemento cardine della piattaforma che i giornalisti italiani hanno proposto agli editori, con i quali siamo impegnati nel rinnovo del contratto. Il senso critico è fondamentale per diventare e far diventare cittadini civili». (P.Col.)