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Sindacale 26 Nov 2007

Congresso Fnsi: il presidente della Federazione della Stampa, Franco Siddi: “La vicenda del contratto è legata alla questione del welfare”

Il testo integrale dell’intervento del Presidente Franco Siddi alla cerimonia inaugurale del XXV Congresso della stampa italiana

Il testo integrale dell’intervento del Presidente Franco Siddi alla cerimonia inaugurale del XXV Congresso della stampa italiana

Signor Sindaco della Città di Bari, Signor Presidente della Regione, Signor Presidente del Consiglio della Regione Puglia, Signor Presidente del Senato della Repubblica Italiana, Autorità, Colleghe e colleghi, Un congresso per ogni organizzazione democratica è il momento più alto di elaborazione e partecipazione, segna sempre una tappa della sua storia. Questo XXV congresso della Stampa Italiana è destinato ad assumere, per la nostra piccola grande storia, un significato particolare: qui si va a chiudere il primo secolo di vita della nostra Federazione Nazionale della Stampa Italiana e qui si apre, di fatto per noi, la prospettiva di una nuova e ci auguriamo lunga stagione di libertà e azione civile. Avviamo questo congresso significativamente in una sede prestigiosa e di alto valore non solo simbolico. Qui nel Teatro Piccini, nel gennaio del 1944, si tenne il primo congresso Cln, qui grandi uomini della costruzione della nostra Repubblica e della formazione della sua Carta Costituzionale (Benedetto Croce, Carlo Sforza, Michele Cifarelli, Tommaso Fiore) riunirono uomini e idee di libertà. Qui, a Bari, cominciò a trasmettere la prima radio libera dell’Italia dopo l’armistizio del 1943, una voce libera dopo un silenzio dell’informazione, censurata, vietata dal regime, la luce dopo il buio del fascismo. Questa storia di rinascita della nostra democrazia è stata raccontata dalla collega pugliese Lucia Schinzano, nostra consigliera nazionale, in un bel libro presentato in questa città con il Sindaco Emiliano due anni fa. Qui si incrociano le istanze, le idealità, le volontà di rinascita di un Paese che riscopre il bene per la libertà e il valore dell’informazione che mette in circolazione fatti, verità, opinioni e confronto. In ogni democrazia la verità non è proprietà esclusiva di nessuno. I giornalisti sono, devono essere, testimoni di libertà e di democrazia. Essi rendono un servizio alla libertà quando correttamente – come devono - si attengono alla verità e consentono la circolazione di idee diverse, plurali, come ha fatto Enzo Biagi. In lui ricordiamo un grande giornalista, capace di raccontare, dopo aver bene cercato di capire, fatti e situazioni in maniera chiara e semplice, mai rinunciando al proprio trasparente punto di vista. Il suo è un lavoro prezioso di un viaggio professionale e morale che per noi deve continuare. Un lavoro che alimenta la vita democratica delle comunità. Insane reazioni a questo lavoro – cui assistiamo continuamente – sono un danno per il bene comune. La verità e la libertà dell’informazione non sono proprietà esclusiva di nessuno. I giornalisti hanno il dovere di ascoltare tutte le voci, di capire e far capire, di rendere noti e di spiegare fatti e misfatti di pubblico interesse, di prendere con trasparenza e senza reticenza posizione quando ciò sia richiesto in uno spirito di confronto civile, affinché l’opinione pubblica attraverso la conoscenza di notizie e idee, possa formarsi liberamente una propria opinione. Molti colleghi hanno pagato e pagano prezzi ingiusti per fare con serietà e schiena dritta questo lavoro senza piegare la propria coscienza a interessi estranei a questo sentire. Anche Enzo Biagi. Centinaia di giornalisti ogni anno addirittura diventano eroi post mortem, per poter fare con correttezza la propria professione per affermare il diritto ad esprimere il proprio punto di vista. Biagi è un caso aperto e una lezione permanente. Lirio Abate, qui con noi, è un giornalista costretto a vivere sotto scorta nel nostro Paese per aver fatto fino in fondo il dovere di informazione su fatti e misfatti della mafia e dei mafiosi. Non è civile e vorremmo che mai più questo accadesse. Mai più! Cronisti precari delle nostre aree di frontiera, poco conosciuti, fanno un lavoro onesto e prezioso per il nostro pluralismo e per le nostre comunità locali, spesso rischiando di persona e pagando prezzi ingiusti senza spesso neanche il riconoscimento della dignità che a loro spetta. Sono tutti al centro del nostro impegno. Siamo con e per i giornalisti che non piegano a nessun potere la propria coscienza e la disponibilità a capire i fatti e le cause per spiegarli e farli capire ai lettori e ai videoascoltatori anche con un punto di vista chiaro e trasparente. Giornalisti consapevoli della loro funzione non attori delle piazze medianiche e politiche. E’ un giornalismo per il quale siamo in campo da cento anni, con un’iniziativa di dura concretezza sindacale e azione civile e solidale per la promozione e la diffusione di una cultura rispettosa del giornalismo libero nel mondo, a sostegno e difesa del pluralismo dell’informazione, dell’indipendenza e della dignità del lavoro giornalistico. Apriamo il congresso del centenario della Federazione della Stampa in una stagione difficile eppure – come ho già detto - di grande significato e valore per noi. Mille giorni senza contratto non sono un record che ci piace ma non per questo la categoria si presenta distrutta e arresa. E’ persuasa di aver messo in campo una battaglia giusta che riguarda la dignità del lavoro e dell’informazione, i diritti civili, le buste paga, la condizione del precariato, tema centrale di tutto il lavoro di questa epoca moderna. E ha la convinzione che questa sia una battaglia giusta per lo sviluppo del Paese, nella consapevolezza che i contratti di lavoro non siano un incidente ma espressione fondante del nostro modello di convivenza democratica. I contratti sono anche figli di conflitto, di un conflitto sociale che non è scontro fine a sé stesso, ma è finalizzato a creare democrazia e equilibri di convivenza civile ed economica nel lavoro, sempre più avanzati e adeguati al mutamento. Il contratto di lavoro da sempre per noi è materia legalità costituzionale, di convivenza civile, di tutele essenziali che attendono ai prestatori d’opera, i giornalisti appunto, e al loro pubblico di riferimento, i cittadini destinatari e giudici del loro lavoro. La vicenda del nostro contratto richiama il modello di sviluppo del Paese e del suo Welfare, del sistema di garanzie e regole fondamentali per promuovere e governare lo sviluppo. In assenza non c’è un meccanismo sufficiente, veramente tecnico – efficentista che garantisca crescita di sistema. Il governatore della Banca d’Italia, nei giorni scorsi, ha messo in evidenza un punto particolare della crisi dello sviluppo evidenziata attraverso l’impoverimento delle buste paga e la conseguente compressione dei consumi. Non è questo un tema secondario quando si fa il punto su una stagione sindacale e ci si appresta ad aprirne un’altra come capita in un congresso, quale il nostro, che resta momento qualificante di democrazia viva e partecipata. Un congresso vero, signor Presidente Marini. Le buste paga povere dicevo, riguardano anche migliaia e migliaia di giornalisti, i quali avvertono che questo tema, nel nostro settore, pesantissimo per i giovani che restano tali anche a 40 anni, quando riescono ad essere assunti stabilmente per la prima volta, e per migliaia di precari freelance. Questo, unito alla insufficiente considerazione pubblica del valore dell’informazione come bene non puramente mercantile, è un tema complesso che deve riguardare non solo noi ma tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo democratico ed economico del Paese. Contratti e Welfare sono sistemi indispensabili dello sviluppo di oggi e di domani, della vita di tutti i lavoratori e delle giovani generazioni in particolare, per le quali non c’è oggi un meccanismo sufficiente capace di alimentare un sistema previdenziale equo e valido per un futuro che non sia di sole illusioni. Abbiamo anche noi, proprio in questa stagione, fatto la nostra parte. La discussione e le prime intese sul Welfare anche per la nostra categoria hanno dimostrato che la via della soluzione negoziale dei problemi tra parti sociali, della concertazione anche triangolare (con il Governo) non ha alternative. E’ una strada maestra che può anche essere faticoso percorrere e che tuttavia va percorsa con responsabilità e determinazione. Osserviamo perciò con interesse e simpatia quanto Lei, Presidente Marini, seconda magistratura dello Stato, è impegnato ancora in questi giorni a fare con sagacia e prudenza – doti apprezzate che stanno consentendo al Senato della Repubblica di funzionare e garantire convivenza costituzionale – perché anche su una materia delicata come quella del Welfare le risposte istituzionali siano trasparenti e coerenti. Lei è garante oggi anche di principi di democrazia per cui anche un voto determina legittimamente condizione di Governo ad una maggioranza democraticamente espressa senza operazioni trasformiste o di piccolo cabotaggio che rischierebbero di comprimere la vita democratica. Eppure è anche garante della partecipazione alla costruzione democratica delle scelte per il Paese cui concorrono, in ruoli diversi, tutte le rappresentanze scelte dal popolo degli elettori che domani potranno legittimamente trovare altre forme di convivenza più vasta o costruire nuove maggioranze. Sono passaggi democratici da tener sempre presenti, in ogni sede. Un congresso come il nostro ha un grande interesse ad un buon e civile funzionamento delle istituzioni democratiche nella consapevolezza del ruolo distinto dei sindacati rispetto ai partiti, di un sindacato ancora più naturalmente portato a vivere il conflitto come competizione sociale che arricchisce e non esaurisce la democrazia. E’ questa la nostra natura. Non siamo un partito eppure non siamo estranei alle vicende dell’agenda politica. Le regole di un partito non sono immediatamente riconducibili alla cultura del lavoro sindacale. E queste identità differente fa parte del nostro dna, della nostra esperienza che è fatta di una straordinaria quanto complessa dimensione: sindacato unico, pluralista, unitario. Si, la nostra iniziativa non può che essere ispirata al principio dell’unitarietà dell’azione sindacale. E’ un lavoro di concretezza e di valenza politico sociale. Per questo, nell’avviarsi a chiudere un secolo di vita sindacale, la Federazione della Stampa Italiana è consapevole di svolgere anche un ruolo inevitabilmente politico attraverso l’attenzione e l’intervento permanente sui temi del sistema dell’informazione, asse centrale per la vita e lo sviluppo del Paese. Per questo non ci sottraiamo a tutte le battaglie che idealmente entrano in questa agenda (libertà di informazione, pluralismo, servizio pubblico liberato dai partiti, riforme dell’ordinamento professionale, legislazione a garanzie dell’articolo 21 della nostra Costituzione) e alle battaglie che appartengono al movimento sindacale nel suo complesso: organizzazione del mercato del lavoro, Welfare, sviluppo. Operiamo nella dimensione di soggetto sociale, come si conviene per un sindacato, nella convinzione che nel nostro specifico risiede nella capacità dei giornalisti di essere consapevoli della propria funzione, non attori delle piazze mediatiche e politiche. Arriviamo qui con il portato di un enorme lavoro, di una grande fatica democratica attraverso la quale il sindacato oggi risulta più che mai in piedi. Una fatica per questi ultimi anni guidata con tenacia, determinazione, pazienza, rispetto democratico di tutti da Paolo Serventi Longhi. E’ il segretario che in questa aula storica e in questa adunanza solenne desidero salutare di cuore con riconoscenza e gratitudine. Le parole da sole non bastano. Grazie. Quella del segretario generale Serventi Longhi è stata una stagione di dignità, di tutela del lavoro e di difesa dell’informazione libera, dei diritti di tutti i giornalisti. Un’opera preziosa anche per il futuro, che si costruisce insieme, in un mare aperto. Tutto questo nel solco di un sindacalismo e soprattutto di un giornalismo per il quale siamo in campo da cento anni, con un’ iniziativa di dura concretezza sindacale e di azione civile e solidale per la promozione e la diffusione di una cultura rispettosa del giornalismo libero nel mondo, a sostegno e difesa per pluralismo dell’informazione, dell’indipendenza e della dignità del lavoro giornalistico. Questi sono i termini di un impegno che data nel tempo e ci chiama al lavoro per il futuro. Un futuro nel quale vogliamo agire da interlocutori e protagonisti.

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