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Il giornalista Paolo Borrometi
Minacce 28 Set 2018

Condannato il boss che minacciò Paolo Borrometi. Fnsi: «Sempre accanto ai cronisti 'sotto tiro'»

Riconosciuta dal tribunale di Ragusa l'aggravante del metodo mafioso e il tentativo di colpire il diritto della comunità  ad essere informata. Il sindacato: «La 'scorta mediatica' non si ferma». Il giornalista: «Bellissima giornata per la libertà  di stampa». L'avvocato Francesco Paolo Sisto: «Ancora un successo nel tentativo di garantire la libertà  di opinione contro la violenza».

«Il tribunale di Ragusa ha condannato l'aggressore di Paolo Borrometi, cronista costretto a vivere sotto scorta, presidente di Articolo 21. Il tribunale ha riconosciuto come aggravante anche il metodo mafioso e il tentativo di colpire la libertà di informazione e il diritto della comunità ad essere informata. La Fnsi, parte civile nel processo, assistita dagli avvocati Francesco Paolo e Roberto Eustachio Sisto, ringrazia Paolo Borrometi per la dignità e il coraggio che ha dimostrato e dimostra non solo nel suo quotidiano lavoro di cronista, ma anche come cittadino che ha scelto di non piegare il capo di fronte ai corrotti e ai mafiosi».
Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, commentano così la notizia della condanna inflitta a Venerando Lauretta, considerato dagli inquirenti, all'epoca delle minacce di morte al collega siciliano, il 'reggente del clan mafioso Carbonaro-Dominante di Vittoria'.

«Forti anche di questa sentenza, continueremo a restare accanto alle colleghe e ai colleghi 'sotto tiro' e ad assicurare loro la nostra "scorta mediatica" dentro e fuori i tribunali», concludono Lorusso e Giulietti.

«Repetita iuvant – commenta l'avvocato Francesco Paolo Sisto –. Ancora una volta la Federazione nazionale della Stampa italiana è al fianco dei giornalisti coraggiosi nel tentativo di garantire, anche questa volta con successo, la libertà di opinione contro la violenza anche di matrice mafiosa. Per i giornalisti sapere che esiste una siffatta tutela '24 ore su 24' è una ragione in più per poter fare il proprio dovere. Essere difensore di una Federazione con scopi così nobili è davvero un onore».

«Oggi penso che sia una bellissima giornata per la libertà di stampa; la condanna del boss Venerando Lauretta che segue quella di Francesco De Carolis e di Giambattista Ventura, rappresenta la testimonianza che nessun clan e nessun boss mafioso può rimanere impunito quando minaccia un giornalista», commenta Paolo Borrometi.

«Ritengo - continua il cronista - che la condanna, riconosciuta anche l'aggravante mafiosa, così come era accaduto per il siracusano De Carolis, sia un precedente importante e che costituisca la vera vittoria non tanto mia, ma di tutti i cittadini che tramite i miei articoli e quelli dei tanti colleghi che vengono minacciati ogni giorno, hanno la libertà di essere informati e, conoscendo, potranno decidere da che parte stare. Un ultimo pensiero - conclude il giornalista - lo voglio rivolgere grato alle forze dell'ordine che mi sono state sempre accanto e alla Procura distrettuale antimafia di Catania che, lo voglio ricordare, appena qualche mese fa ha scoperto l'attentato che stavano organizzando con una autobomba contro me e la mia scorta».

Minacce a Paolo Borrometi: i giudici di Ragusa hanno condannato Lauretta
Zingales: «L'Unione cronisti sempre al fianco dei giornalisti minacciati»
I giudici del tribunale di Ragusa hanno condannato ad un anno e sei mesi di reclusione Venerando Lauretta, ritenuto il reggente del clan mafioso Carbonaro-Dominante di Vittoria (Ragusa), accusato di gravi intimidazioni nei confronti del giornalista Paolo Borrometi.
Venerando Lauretta è stato sottoposto a procedimento penale con le ipotesi di reato di minacce di morte, tentata violenza privata, aggravate dal metodo mafioso. Venerando Lauretta, a seguito di alcuni servizi giornalistici di Borrometi sul mercato ortofrutticolo di Vittoria, aveva minacciato il giornalista. Il cronista sarebbe stato indicato da Lauretta come il responsabile della chiusura di un  box al mercato e di aver consentito l'apertura di indagini a suo carico. Lauretta in una occasione ha apostrofato Borrometi con una minaccia inequivocabile: «Il tuo cuore verrà messo nella padella e dopo me lo mangerò ti verrò a trovare a Roma pure che non vali neanche i soldi del biglietto. Non ti salva ne anche Gesù Cristo, pure che mi arrestano c'è chi vieni a cercarti».  I giudici hanno disposto risarcimenti da liquidarsi in separata sede per le parti civili, ed il pagamento delle spese per ogni patrocinatore per 1.500 euro ciascuna oltre accessori.
Lauretta era stato sottoposto a serrate indagini a cura della questura di Ragusa con il coordinamento dei magistrati della Dda di Catania. Il processo era iniziato a Ragusa il 13 ottobre 2017 e a fianco di Paolo si erano costituiti parte civile la Fnsi, l'Ordine nazionale dei giornalisti, l'Ordine dei giornalisti della Sicilia e il Comune di Vittoria.
Paolo Borrometi, commentando la sentenza, ha detto: «Oggi penso che sia una bellissima giornata per la libertà di stampa».
Per il vicepresidente nazionale dell'Unci, Leone Zingales, «la sentenza di condanna di Lauretta consente a Borrometi di lavorare con la necessaria serenità dopo le pesanti minacce subite. Lo Stato ha fatto sentire la sua voce anche in questa occasione. L'Unci sarà sempre al fianco dei cronisti minacciati».
Per il presidente dell'Unci Sicilia, Andrea Tuttoilmondo, «si rinnova la vicinanza del Gruppo siciliano a Paolo Borrometi, nella certezza che continuerà a svolgere il proprio lavoro sempre con coraggio e determinazione».

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