Intervento di Fulvio Fammoni, Segretario Confederale CGIL Nazionale, responsabile delle politiche del lavoro al convegno “La buona occupazione, dalla precarietà ad un lavoro stabile e sicuro” nell’ambito del Salone scolastico ORIENTAMENTI 2006 in corso a Genova
Genova. Il segretario confederale Cgil Fulvio Fammoni è intervenuto oggi a Genova al Salone Orientamenti e ha analizzato la questione del precariato e del lavoro. Un’analisi contenente temi e passaggi che possono ben radicarsi anche nel mondo dell’editoria e dell’informazione in generale, ai temi dell’accesso alla professione, alla formazione. Dove precariato e lavoro autonomo sono gestiti in talune realtà e talune aziende come il caporalato dell’edilizia o dell’agricoltura. Ecco la sintesi dell’intervento di Fammoni: “Questa mattina ho ascoltato molti buoni propositi sul tema del precariato, bene: ora è il momento di fare diventare tutto ciò concreto. Ma dato che questo salone è dedicato alla scuola, credo che molti elementi che riguardino il lavoro di oggi, si trovino lì. Le statistiche dicono che sino ai 24 anni di età abbiamo il 22% dei ragazzi che hanno solo la licenza media, 100.000 sono ancora quelli senza alcun titolo di studio. Nella popolazione adulta abbiamo delle dimensioni riguardo all’analfabetismo elevatissime. Ecco dove nascano i problemi dello sviluppo qualitativo del nostro paese. Oggi, abbiamo 2 milioni di disoccupati e tra le 4 e 5 mila persone dentro la rete degli ammortizzatori sociali; facendo la somma di tutte le situazioni incerte arriviamo a 9 milioni di persone che hanno problemi con il lavoro. La percentuale di lavoratori che passano da un lavoro precario a uno stabile si è abbassata al 6%, mentre la disoccupazione precaria si è alzata dall’11 al 20%: chi è precario è destinato a esserlo sempre di più. Oltre il 50% delle assunzioni saranno instabili. Questo è il frutto del modello di sviluppo di lavoro dell’attuale legislazione.”. Fammoni ha aggiunto: “E inoltre mi chiedo: cosa faranno le aziende del cuneo fiscale? Investiranno in formazione e ricerca o continueranno a tirare avanti ancora con questo sistema? Dobbiamo cambiare le regole del lavoro. Non ci si può fermare ad aggiungere nuovi ammortizzatori sociali, anche se quando occorrono sono ben accetti. A parte il fatto che non avremmo le risorse per poterli applicare, credo che questa sia una politica sbagliata per un modello di lavoro, come quello nel quale noi crediamo, che rispetti le politiche attive del lavoro. Se vogliamo tornare a discutere della flessibilità, dobbiamo fermare la precarietà. E in questo senso va fatta anche un’operazione culturale in quanto la maggioranza delle persone confonde i due termini, senza sapere che la flessibilità attiene all’organizzazione del lavoro, ad esempio in termini di orario, mentre la precarietà è sinonimo di incertezza”.